A guardare i numeri, c’è una costante che accomuna le sconfitte del Milan in campionato. Il ruolino di marcia dei rossoneri indica due sconfitte nelle prime due giornate, contro Bologna in casa (1-2) e contro il Genoa a Marassi (2-0). Nelle successive dieci partite la squadra di Ancelotti si è poi ripresa, portando a casa 8 vittorie (6 in casa e 2 fuori) e due pareggi, uscendo vittoriosa nel derby e conquistando anche per un breve periodo la vetta della classifica: 26 punti su 30 disponibili, un ottimo bottino. Poi il pareggio esterno contro il Torino e l’ultima clamorosa sconfitta a Palermo. Le formazioni scese in campo di volta in volta sono state sempre differenti, con il valzer delle punte e la difesa e il centrocampo mutevoli a seconda delle disponibilità. Tra gli infortuni che hanno maggiormente condizionato le scelte di Ancelotti è stata quella di Andrea Pirlo ad incidere maggiormente sul rendimento del Milan. Ma, a sorpresa, in negativo.
Che sia un caso o no, i dati dicono che con il regista in campo, che ha giocato le prime due e le ultime due gare, i rossoneri hanno ottenuto solo un punto, quello in trasferta a Torino. Poi, tre sconfitte, quelle sopracitate con Bologna, Genoa e Palermo. Un bottino misero che insinua il dubbio che forse la presenza del centrocampista bresciano sbilanci una squadra dalla vocazione esageratamente offensiva. Sicuramente è tutto l’organico a dover trovare il proprio assetto e il tono fisico migliore, ma di certo una formazione che prevede la presenza di Ronaldnho, perno dell’attacco ma restio alla copertura, assieme a Seedorf e Kakà non può concedersi il lusso di schierare contemporaneamente anche Pirlo, soprattutto visto che la difesa claudicante non è in grado di supportare da sola un centrocampo che tende a scoprirsi. Difficile comunque pensare che Carletto rinunci ad un giocatore che è stato per anni tra gli interpreti migliori del suo gioco e una delle chiavi principali dei successi rossoneri.