La telenovela Soros si sta lentamente sgonfiando e il tam tam delle radio si attenua, almeno ufficialmente, per tutelare i piccoli azionisti della Roma anche se il motivo principale sembra che la ferale notizia della rinuncia di Soros a Roma nessuno abbia voglia di darla a cuor leggero. Così “segretamente” si inseguono le speranze più esili, come quelle riportate da diversi siti e quotidiano sportivi secondo cui dalla serata di giovedì, sarebbero arrivati a Milano due advisor europei dell’entourage di George Soros: scopo della visita definire alcuni passaggi della trattativa anche tramite l’incontro con Unicredit, i cui contorni però rimangono avvolti nel mistero, se non nel mito. Più probabile invece, come anticipato diversi giorni fa da ilsussidiario.net e ripreso oggi da ilromanista che i Sensi decidano di tenersi l’AS Roma e, potendolo fare, di cedere qualche altro asset come il porto di Civitavecchia. Lì si trovano i depositi petroliferi che potrebbero essere messi in vendita nel prossimo piano di risanamento di Italpetroli. Perchè rinunciare alla proprietà della Roma, la cui posizione finanziaria netta della al 31 marzo 2008 risulta attiva per 29,3 milioni di euro, contro i 16,1 milioni di euro del 29 febbraio 2008 ed i 19,3 milioni di euro al 31 marzo 2007, per tenersi Civitevecchia che pur essendo uno degli asset principali del gruppo in questo momento produce ricavi che bastano solo per coprire gli interessi passivi?E, ancora, perchè – se ci sono alternative – privarsi dell’AS Roma proprio quando sembra presentarsi la possibilità di realizzare uno stadio si proprietà per una delle squadre dal tifo cittadini più caldo e appassionato del mondo che sicuramente sarebbe fonte di grandi guadagni?



Evidentemente i Sensi queste domande devono essersele fatte, come anche il gruppo Unicredit, creditore per 340 milioni di euro (sui 370 totali di esposizione del gruppo), che ha chiesto “informazioni dettagliate e chiare del piano di rientro”. Secondo ilromanista: “Di sicuro è impensabile che la banca, che ha il 49% delle azioni di ItalPetroli e una opzione sul 2% per diventare azionista di maggioranza, non consideri l’eventualità che George Soros possa acquistare la Roma. La cifra su cui si era arrivati a un accordo di massima il 18 marzo era di 210 milioni, compresa buonuscita, per il pacchetto azionario di As Roma in mano ai Sensi, cioè il 66%. Per il prezzo dell’intera operazione mancano i soldi per l’OPA (l’obiettivo di Soros è mettere le mani sul 100% delle azioni) e l’esito delle due diligence, da completare però solo dopo la formalizzazione della offerta. A prescindere da un eventuale rilancio (che non c’è stato), già così la cifra alleggerirebbe non poco l’esposizione debitoria del gruppo. Il 17 aprile, poi, la paventata e inesistente offerta araba impedì a Steven Horowitz, rappresentante di Inner Circle Sports, di formalizzare l’offerta. Da allora, Soros attende un segnale che non è più arrivato. Da tempo, comunque, ci sono contatti in corso tra Unicredit e Inner Circle Sports, la merchant bank che sta provando a tenere viva l’operazione e che, a questo punto, ha trovato un alleato nell’Istituto che ha inglobato Capitalia. Non solo. A mettere pressione sui Sensi contribuiscono anche i revisori dei conti della Pricewaterhouse che, dopo un incontro con i rappresentanti di ItalPetroli, hanno chiesto ulteriori garanzie per la certificazione del bilancio, già approvato con riserva per quanto riguarda l’ultimo esercizio. Ma c’è di più, perché nelle ultime ore anche Banca Finnat, che, come detto, sta lavorando al piano di risanamento, si sarebbe espressa in termini favorevoli alla cessione di As Roma”.



Ma forse bisognerebbe cominciare a considerare concretamente l’ipotesi dell’ormai famoso piano “B” cominciando con un pizzico di realismo a pensare che, magari, se l’altrernativa c’è, ai Sensi per tanti motivi la Roma proprio non convenga cederla. Le chiacchiere stanno a zero. Soprattutto di fronte ai milioni.

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