Per i suoi fedeli cinesi – che lo seppellirono il 28 gennaio 1908 a Ji Ning, nello Shandong – era Fu Shen-fu, padre della fortuna. Ma i suoi genitori, poveri contadini di Ojes, in Val Badia, lo chiamavano Ujop: Beppino nella lingua della Dolomiti ladine.

San Giuseppe Freinademetz sarà di fatto il patrono cattolico delle Olimpiadi di Pechino 2008. Un santo giovane, consacrato nel 2003 da un Papa sportivo come Giovanni Paolo II. La sua icona – resa già inconfondibile da migliaia di statue lignee create principalmente dagli artigiani della Val Gardena – è del resto uno dei passaporti simbolici con cui la Chiesa cattolica bussa alle porte del gigante cinese alla ricerca di una faticosa normalizzazione dei rapporti.

Alla celebrazione solenne del centenario della morte del santo – svoltasi nella cattedrale dell’Immacolata concezione di Pechino, nell’area meridionale di Xuanwumen – ha partecipato anche l’ambasciatore italiano in Cina Riccardo Sessa, che ha ricordato la figura quasi unica di questo “primo della classe”: in una povera scuola di montagna, poi al seminario di Bressanone, infine al quartier generale olandese dei missionari verbiti fondati da sant’Arnoldo Janssen, poi canonizzato assieme al suo allievo altoatesino.



Nel 1879, a 27 anni, Freinademetz parte con un solo confratello e sbarca a Hong Kong, lasciandosi definitivamente alle spalle le montagne di casa e l’Europa. Due anni di preparazione lo mettono sulle orme culturali del gesuita Matteo Ricci, pioniere di tutti i missionari cattolici nel Celeste Impero.

Dopo aver appreso perfettamente la lingua e i costumi locali, Freinademetz raggiunge lo Shandong, dove la presenza cattolica è quasi inesistente. Con 158 battezzati fonda la prima di molte missioni, in un clima sempre difficile.



San Ujop sopravvive alle persecuzioni religiose che accompagnano la rivolta xenofoba dei Boxers a fine Ottocento e riesce a completare un’edizione cinese del catechismo e un compendio teologico: puntualmente ricordati qualche giorno fa dal nuovo cardinale di Hong Kong, Zen Ze-kiun, plenipotenziario di papa Benedetto XVI per tutti i complessi dossier cinesi, volato appositamente al monastero verbita olandese di Steyl, dove Freinademetz maturò la sua vocazione.

(Antonio Quaglio)

(Tratto dal blog Mare Nostrum di Rita Fatiguso)

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