Pechino, 17 agosto,
I nostri ragazzi stanno facendo cose eccezionali, bisogna riconoscere che hanno lavorato tutti molto bene con i loro tecnici. Pensare di andare in finale con una sola persona era di per sé un risultato eccezionale, per il momento sono già in due (Elena Romagnolo e Christian Obrist) in finale e deve correre ancora Silvia Weissteiner (5.000 metri). Elisa (Cusma, ndr) negli 800 ha corso al massimo di quello che poteva fare, chi dà il massimo è sempre bravo.
Oggi sono uscito a piedi per circa cinque chilometri dal Parco Olimpico che si presenta spettacolare con i suoi giochi di luce e quando sono rientrato all’una ho trovato nel corridoio davanti a me un ragazzo della sciabola maschile che si aggirava contentissimo con la sua medaglia di bronzo al collo.
Le gare del mezzofondo sono state di un’emozione enorme. Elena nella finale dei 3.000 siepi ha avuto un attimo di paura, quando l’hanno inquadrata quasi piangeva: è stata molto brava (undicesima in una gara dove hanno fatto il record del mondo) e per poco non ripete il record italiano che aveva fatto in batteria. Il bello di questi atleti è che sono di una semplicità paurosa: tanto sono forti in alcune situazioni, tanto sono semplici in altre. Peccato per Matteo Villani che, purtroppo, nei 3.000 siepi ha fatto tutto da solo, ma è un qualcosa che può capitare: è inciampato e si è ribaltato con il rischio di farsi male. Abbiamo rivisto il replay ha sbagliato l’approccio di prima gamba sull’ostacolo, l’ha toccato e si è ribaltato. È un grosso peccato perché anche lui poteva fare molto bene, ma soprattutto pesa l’idea di non finire la gara. La maratona femminile ne è l’esempio. La primatista mondiale Paula Radcliffe, reduce da una microfrattura, al trentesimo chilometro è andata completamente nel pallone ma ha fatto di tutto per terminare la gara. Quando i cinesi l’hanno vista entrare zoppicante nello stadio le hanno tributato un lungo applauso. Alle 10.30 all’arrivo della maratona lo stadio era gremito, molto probabilmente le Olimpiadi rappresentano un’occasione unica per molti aspetti. Fuori dallo stadio tutte le persone vogliono fotografare gli atleti, in metropolitana siamo stati “assaltati” da un gruppo di studenti che volevano fare una foto insieme a noi. Siamo a contatto con un’altra cultura. Sono molto semplici ed educati, ma hanno poca elasticità per fare quello che non è stato richiesto loro.
Siamo contenti di quanto stiamo facendo vedere con il mezzofondo: gli Stati Uniti non hanno ancora vinto una medaglia d’oro nell’atletica, per noi, quindi, andare in finale è come vincere una medaglia. Per chi fino a tre anni fa non era mai stata chiamata in nazionale, come la Romagnolo, si tratta del raggiungimento di un livello insperato. Sapevamo che stavano bene perchè gli allenamenti erano positivi. Bisogna anche tenere presente che hanno fatto delle rinunce per prepararsi al meglio. Bisogna risalire al 1996 per trovare un mezzofondista italiano in finale; erano, inoltre, anni che non entravano due atleti in finale, speriamo possano diventare tre.
Ad essere realisti la medaglia non può sicuramente arrivare. La forza di questi atleti è proprio quella di avere dei sogni da costruire giorno dopo giorno con i sacrifici. Per molti, Elena Romagnolo è una di questi, correre su strada significherebbe guadagnare molto, però allo stesso tempo vorrebbe dire perdere tutto il discorso tecnico guadagnato in questi anni, la possibilità di migliorare e di raggiungere determinati risultati. In molti hanno scelto di continuare con la pista per vedere dove sono i propri limiti. Spero che il loro esempio anche dal punto di vista tecnico possa risvegliare altre persone che magari non sono sulla stessa frequenza e comunque possono essere di riferimento per tutti i giovani. Questo è anche quello che ci interessa perché come ho già ricordato il nostro incarico ha una particolarità, quella di seguire in verticale i settori giovanili e assoluto. Mentre i big preparavano l’Olimpiade, avevamo organizzato un raduno con i migliori ragazzi di 16 e 17 anni. Per questi ragazzi è importante aver visto gli allenamenti e i questi giorni i risultati. Confidiamo che questi risultati e queste emozioni possano essere un rullo, in grado di trasportare tutto il movimento. I nostri ragazzi non hanno volutamente partecipato a nessuna conferenza stampa di presentazione. Stiamo dimostrando che si può fare sport ad alto livello senza perdere niente dal punto di vista umano, anzi più vanno avanti e più i rapporti che nascono da un profondo incontro umano e personale possono dare grossi risultati anche sul piano sportivo. Poi certo dipende molto dal talento.
Christian Obrist nei 1.500 ha fatto una grande gara. Dopo la prova ci siamo ritrovati al campo di riscaldamento e ci siamo abbracciati, ridendo e piangendo in un’unica emozione. Sul rettilineo prima dell’arrivo ha raggiunto uno, poi un altro e alla fine ce l’ha fatta. Fino a 60 metri da l traguardo non pensavamo che ci riuscisse Ha fatto un capolavoro perché – stando ai tempi d’iscrizione – solo uno si presentava con un tempo peggiore del suo. Quando abbiamo visto che lui recuperava e gli altri restavano al palo io e Pierino (Endrizzi) ci siamo messi a saltare, abbracciandoci con gioia. Eh sì, in certi casi non c’è molto tempo per pensare.
Silvano Danzi