Il racconto sportivo di Noemi Cantele inizia da quando, all’età di tre anni, riceve in regalo una bici. Una passione nata e sviluppata in famiglia, sulle orme del padre e del fratello, ha portato Noemi a togliersi molte soddisfazioni in una disciplina, il ciclismo, sempre di più nell’occhio del ciclone per la questione doping. La stessa famiglia ha saputo sorreggerla nei momenti più difficili. A Pechino Noemi sarà la stella azzurra pronta a disputare sia la gara su strada (domenica 10 agosto), dove punta al podio, sia la corsa a cronometro (mercoledì 13). La ventisettenne di Arcisate, in attesa del volo per Pechino, ha confidato a ilsussidiario.net lo stato d’animo di un’atleta che si appresta a vivere la sua seconda Olimpiade, ma non può fare a meno di vedere tutto quello che sta succedendo nel suo mondo sportivo. Si presenta in buone condizioni fisiche e intende guadaganrsi gli applausi degli appassionati. Vuole provare l’emozione dei giochi olimpici con la consapevolezza che lo sport è un percorso attraverso il quale c’è l’opportunità di crescere come atleta e come persona. In uno sport dove, come nella vita, c’è chi fa il furbo, ma anche chi sa che le scorciatoie per arrivare al successo non sono le migliori soluzioni. A Pechino la nazionale femminile sarà composta, oltre che dalla Cantele, da Tatiana Guderzo e da Vera Carrara che ha sostituito Marta Bastianelli, trovata positiva a uno stimolante.
Se pensi alle Olimpiadi quali immagini ti tornano in mente?
Quando ero piccola guardavo le Olimpiadi in tv per ore e ore con il desiderio un giorno di poterci esserci. Ho già partecipato ai Giochi di Atene, fare un’altra Olimpiade, potermela giocare e magari salire sul podio è un sogno grandissimo.
Quali sono le ambizioni e le speranze che hai messo in valigia?
Vado con uno spirito di grande emozione, anche se so già cosa mi aspetterà. È una gara particolare rispetto a un mondiale o un’altra competizione di alto livello
Ti cimenterai sia nella corsa su strada in linea (125 km) che nella cronometro individuale
Farò entrambe le prove. Punto sulla gara su strada dove l’obiettivo è quello di salire sul podio perché in quella a cronometro non ho grandi velleità.
Quali sono le tue condizioni fisiche?
Le condizioni sono molto buone. La settimana scorsa ho vinto una gara a tappe in Germania, tutto è fin qui andato come da programma.
Essere un’atleta oggi significa spesso far parte di un ingranaggio mediatico e commerciale. Questo può comportare dei rischi?
Dipende con che spirito, con che valori si affronta lo sport. Se hai valori etici non forti puoi incorrere nei rischi. Fortunatamente sono cresciuta nella vita e nello sport con riferimenti forti che sono sempre rimasti presenti in questi anni.
Cosa può provare un’atleta pulita a gareggiare in competizioni che spesso si rivelano truccate?
La consapevolezza di partire con regole diverse. Dall’altro lato sai che quello che ottieni è il frutto dei tuoi sacrifici e del lavoro che hai fatto. È logico che poi quando escono certe notizie, è scontato farsi delle domande e magari chiedersi se una determinata corsa poteva finire in modo diverso.
Te la senti di commentare le note vicende, non l’ultima l’azzurra Marta Bastianellli, che offuscano l’immagine del ciclismo?
Non mi va di commentare. Sono vicende differenti, non si può generalizzare. Certo nello sport e nella vita c’è sempre chi vuole fare il furbo, bisogna sapersi confrontare anche con queste persone. Secondo me è importante andare avanti per la propria strada, magari stretta e tortuosa. Non è sempre un’autostrada dove tutto scorre veloce. Questa è la vita. Lo sport non deve essere una parentesi, ma un modo di essere e di vivere. Per me è una professione: alla sera voglio andare a letto senza rimorsi e con la coscienza pulita.
Essere atleta e donna oggi. Nella vita, nello studio (una laurea nel cassetto in Economia) e nel lavoro. Come si riescono a conciliare ambiti diversi?
Non è facile soprattutto nel ciclismo femminile dove siamo retribuite 1/10 rispetto agli uomini e da questo punto di vista siamo discriminate. Questo è anche uno dei motivi per cui ho studiato: so che economicamente il ciclismo non potrà essere sufficiente per il futuro, quindi devo prepararmi per il domani.
Lo sport come metafora della vita: si cade e ci si rialza. Hai vissuto momenti felici, ma anche momenti più tristi. Quali sono stati i punti di forza che ti hanno sorretto nella difficoltà?
La famiglia, molto unita, è stata sempre al mio fianco. Avere degli obiettivi significa avere una luce qualcosa da seguire che non ti fa sentire persa.
Come ti vedi tra 20 anni? Legata al mondo dello sport o impegnata a fare altro?
Mi piacerebbe essere legata allo sport perché rappresenta la mia vita. Amo lo sport in senso lato, non solo la mia disciplina. È un ambiente vivo che mi piace.
Il ciclismo è uno sport di fatica. C’è qualche testimonianza dalla quale ha tratto ispirazione?
Il ciclismo è lo sport di famiglia, ho seguito le orme del papà e del fratello. Ci hanno regalato una bici a tre anni, forse prima di ricevere un pallone. Era quasi scontato che corressimo in bicicletta, la cosa bella è che abbiamo condiviso questa passione: non è stato un obbligo, ma una scelta poi tutto è arrivato di conseguenza.
Se ti guardi indietro cosa ti ha dato il ciclismo?
Mi ha fatto sicuramente crescere più velocemente perché avere un impegno oltre alla scuola mi ha reso più responsabile , più efficiente. Il ciclismo insegna tanto perché ti mette di fronte ai tuoi limiti e il confronto con altri atleti ti fa capire che non sei invincibile e che devi cercare di portare in là i tuoi limiti, mantenendo i propri valori. I limiti si superano solo con il lavoro e con il sacrificio.
In che cosa trovi la tua realizzazione come donna? Nel risultato sportivo, nel praticare sport o in altro?
Ci si sente realizzati anche se non si vince. Vivo una fase della vita nella quale provo a crescere come atleta e come persona. Lo sport coinvolge sì la prestazione fisica, ma anche tanti altri aspetti, tipo la psicologia, che non interessano solo il corpo. Si tratta di investire su me stessa. Lo sport avrà anche un epilogo, quando avrò finito mi confronterò con altre realtà (una famiglia, dei figli), cercando di trasmettere ai ragazzi più giovani quello che mi ha dato lo sport.