Forte dei Marmi, Milano, Lugano. Non sono le ultime tappe della disastrosa marcia estiva del Milan, la quale annovera altre prestigiose località (Mosca, ad esempio, dove si sono consumate le sconfitte ad opera di Siviglia e Chelsea, o Manchester, teatro della debacle contro il City), continuata poi in casa con la pesante sconfitta col Bologna. Sono i luoghi dei “faccia a faccia” di Ancelotti con Galliani: già tre in meno di un mese, un dato abbastanza particolare per un allenatore “di famiglia”, che non ha mai avuto tensioni con l’azienda. L’ultimo ieri, dopo la sconfitta contro il Lugano e l’uscita decisa di Carletto: «Adesso mi sono rotto. Qui bisogna correre». Sotto accusa il rendimento della squadra che sta suscitando in tutti un grande dilemma: poca benzina o poca voglia?



L’esternazione dell’allenatore riflette il pensiero di Seedorf, vero e proprio alfiere di Ancelotti, che dopo lo sfortunato match contro gli elvetici aveva espresso il medesimo concetto, spronando i compagni a correre, a dare di più. Che sia o meno un’alibi ancora non si può dire. Di certo la fuoriserie rossonera è apparsa un po’ ingolfata e quando la macchina non va tutti dirigono lo sguardo al pilota. Un pilota che si è trovato a dover gestire un gruppo sostanzialmente non scelto da lui (il Milan è solito condurre la campagna acquisti dai vertici e interpellare l’allenatore solo in casi eccezionali: non in questo caso dunque, dal momento che Ancelotti avrebbe preferito un centravanti di peso tipo Drogba o Adebayor) ma di indubbio valore. Dunque parte della responsabilità deve essere, per forza di cose, sua. A lui sta ora il compito di rimettere in sesto una situazione lontana dall’essere compromessa ma comunque precaria.



Precaria, a questo punto, come la sua panchina. E’ vero che Carletto è un uomo della società, ma in via Turati non si possono permettere di fallire con questo organico. Soprattutto dopo un annata deludente e dopo che oltre 40.000 tifosi hanno dato credito a Galliani sottoscrivendo l’abbonamento. Inevitabile il toto panchina. Posto che resta comunque difficile ipotizzare un cambio così repentino ad inizio stagione (ma un precedente c’è: Terim restò a Milano giusto per una manciata di partite), le alternative non sono di difficile individuazione. Su tutti Donadoni, altro uomo simbolo del Milan di Berlusconi al momento senza contratto e non abituato a stipendi faraonici, cosa che renderebbe più facile il suo arrivo. Poi, i traghettatori: Filippo Galli, Costacurta, Tassotti, tanto per mantenere fede alla linea “il Milan ai milanisti”. Infine, due ipotesi ultimamente molto in voga quando si parla della successione di Ancelotti: Rijkaard e Van Basten, con il primo, svincolato, più quotato.

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