BARCELLONA – INTER – Le luci del Camp Nou sono ormai spente, lo spettacolo è finito, i tifosi azulgrana possono festeggiare il Barcellona, che vince e convince, strapazzando una brutta, oscena Inter. Anche questa mattina sembra di sfogliare lo stesso giornale del dopo Manchester, dell’eliminazione per mano del Villareal, del Valencia. Un lungo ed intenso monologo, in cui si legge solo una grande parola: mentalità europea.
Questa “benedetta” formula magica, comincia a star stretta, perchè forse la vera risposta allo scempio europeo dei nerazzurri, l’ha data, in parte, Mourinho, quando ha parlato di giocatori non all’altezza di quelli del Barcellona. Ovviamente qualcuno ci ha ricamato su, elencando le caratteristiche e la spesa per ogni singolo atleta, ma il tecnico portoghese voleva dire altro. La notte spagnola può essere rappresentata dalla prova di Cambiasso, da anni uno dei punti cardini del centrocampo nerazzurro.
Sia chiaro, l’argentino in campionato diventa un leone, ma spesso in Europa, sembrava più un gattino inferocito, ma perlomeno risultava essere uno dei migliori. Ma ieri, nel tempio dei Messi, degli Ibrahimovic (assenti entrambi), il giocatore nerazzurro è sembrato una pecorella impaurita, perdendo ogni singolo pallone e giustamente sostituito ad inizio ripresa. Stesso discorso per Stankovic, che se in campionato sembra ragionare più velocemente degli altri, ieri sembrava un’utilitaria al cospetto di fuoriserie, che avevano il nome di Iniesta, Keita, Busquets, Xavi.
E qui arriviamo ad un altro aspetto fondamentale: il pressing. In Serie A, nessuna squadra inizia il pressing dall’area avversaria, ovvero come successo ieri, con Henry che andava a disturbare i due centrali nerazzurri ed il resto della formazione catalana che si trovava già nell’area avversaria pronta ad aggredire.
L’Inter di ieri sera iniziava a pressare a centrocampo, mettendo ben 9 giocatori dietro la linea del centrocampo, chiudendosi troppo, lasciando lo spazio ed il tempo al Barcellona di imbastire l’azione. Raramente uno tra Eto’o e Thiago Motta andava a disturbare il portiere Valdes, o Puyol e Piquè. Ma era un’azione solitaria, non coadiuvata dall’intera squadra. Non si tratta di "caso clinico", si tratta di tattica, di impostazione. E non ci vuole un mago per capirlo!
(Claudio Ruggieri)