La sorpresa del campionato di Serie A è senza dubbio il Bari di Ventura. La neopromossa pugliese sta stupendo, accomunando sia i risultati al bel gioco. Uno dei protagonisti è senza dubbio il centrocampista Massimo Donati, arrivato dal Celtic ed ex calciatore di Atalanta e Milan che racconta, in esclusiva per ilsussidiario.net la su aavventura calcistica, dall’Atalanta ai biancorossi, passando per il Celtic…



Donati, hai giocato in Serie A ad alti livelli ed hai assaporato le emozioni della Champions League. Con quali motivazioni hai affrontato la tua avventura nel Bari, una squdra che era definita “di bassa classifica”?

Attualmente siamo di alta classifica (ride, ndr). Diciamo che la mia voglia di ritornare in Italia mi ha dato una grande spinta, anche perchè in Scozia, nonostante giocassi in una società fantastica, il calcio non è di grande livello, ed io avevo voglia di misurarmi nuovamente con il campionato italiano, e poi in Scozia piove sempre… Quando ho sentito le vere intenzioni del Bari, ho accettato subito, anche perchè è la squadra mi ha corteggiato con più insistenza.



Oltre alla società pugliese si vociferavano anche interessamenti di altre società, puoi confermare?

Interessamenti sì, ma di concreto nulla. Sampdoria e Atalanta si sono fatte avanti chiedendo informazioni, ma non erano convinte, invece il Bari ha agito concretamente anche perché  avevo già lavorato con mister Ventura e mi conosceva bene…

Hai avuto dei trascorsi con la maglia del Milan, un’esperienza in cui non tutto andò per il verso giusto. Cosa non ha funzionato?

Ero giovanissimo, sono arrivato al Milan che avevo 20 anni ed avevo le spalle solamente mezzo campionato di Serie A e mezzo campionato cadetto. Quando sei così giovane hai bisogno di tempo per entrare in pianta stabile nella formazione titolare, a meno che non sei un fenomeno come Kakà o Ronaldinho. Inoltre giocare con Inter, Milan e Juventus è ben diverso che indossare la maglia di una squadra come il Bari, è un altro sport come dico io, perché c’è meno pressione.



Durante la tua esperienza in Scozia hai notato differenze dal punto di vista della pressione rispetto all’Italia?

E’ totalmente diverso, in Scozia la partita si vive per novanta minuti, vinci o perdi, ma la partita termina tutto in quel momento, nessuno ti massacra se sbagli una gara, perché il match viene visto come un evento, basti pensare che prima dell’incontro viene messa la musica a tutto volume negli spogliatoi.

Quanto ti ha arricchito umanamente l’avventura all’estero?

Tantissimo, perché ho trovato una cultura particolare, una serenità e un’educazione che in Italia non c’è. Oggi da noi si parla dei cori razzisti, in Scozia questo non succede, anche perché hanno un grande senso di sportività, l’avversario viene comunque applaudito a fine partita. E poi c’è meno pressione, nessun ritiro, un’altra mentalità.

Ti saresti aspettato un così rapido inserimento nei meccanismi della squadra?

Ero carico per il ritorno in Italia, per questo mi volevo far trovare pronto. La squadra sta facendo molto bene, solo due settimane fa, nella trasferta di Roma contro i giallorossi, abbiamo giocato male, meritando la sconfitta, ma penso che la città e la società, dopo tanti anni di Serie B, possano essere felici di questa squadra. Ora dobbiamo solo mantenere alta la guardia, non possiamo permetterci distrazioni, altrimenti rischiamo di mandare in fumo i risultati ottenuti fino a questo momento.

 

Qual è il vero segreto del Bari di Ventura?

C’è tanta fame, voglia di arrivare, con tanti giovani che hanno voglia di approdare nelle grandi squadre, di calcare grandi palcoscenici. E poi ci sono i "vecchietti" come me, che hanno più esperienza, ed hanno ancora tanta voglia di fare bene e di dimostrare qualcosa. Io a 28 anni ho ancora tanti obiettivi per la testa.

 

Il Bari rappresenta per te un punto di ripartenza verso quei grandi palcoscenici con cui ti sei già misurato?

E’ un punto importante, perché ho fatto tanto con diverse squadre e mi sento a metà strada. Ho ancora altri obiettivi e soprattutto ho voglia di giocare sempre a questi livelli.

Ci pensa alla Nazionale?

E’ una domanda che mi fanno un po’ tutti, io penso che ogni giocatore pensi alla Nazionale, anche perché prima di ritirarmi vorrei provare l’emozione della prima convocazione. Devo lavorare tanto per cercare di farmi notare da Lippi… ma lui ha dimostrato di osservare anche i giocatori dielle società meno blasonate…

 

Nel Bari ci sono molti giovani interessanti, quale ti convince di più?

Ranocchia è un mio pupillo, perché è un giovane che ha dimostrato tanto ed ha la testa giusta per arrivare a grandissimi livelli. Secondo me farà più strada di tutti, se continua a giocare come adesso e se continua ad avere la stessa umiltà, sono sicuro che avrà un futuro radioso.

 

Come ultima domanda, per rimanere nell’attualità, ti vogliamo chiedere quale è stata la squadra per cui facevi il tifo da bambino.

Ero milanista, e quando sono arrivato a vestire la maglia del Milan, ero la persona più felice del mondo. Poi, durante gli anni in cui ero in prestito, la dirigenza mi prometteva che mi avrebbe riportato alla base, anche perché mi sentivo pronto mentalmente, ma non tornai più, e ci rimasi male. Ma ormai è passato tanto tempo, adesso vivo al meglio questa avventura con il Bari…

 

(Claudio Ruggieri)