Gli sceicchi non cercheranno più di rafforzare le grandi squadre europee di loro proprietà, ma proveranno a farsi del buon calcio in casa, negli Emirati. Dove il deserto pieno di piattaforme petrolifere arriva a lambire le ricche città fatte di grattacieli. Come si cambia strategia? Semplice: con l’arrivo di giocatori giovani, grandi talenti. I nomi che circolano, in una popolazione sempre più attratta dal football italiano, sono sostanzialmente quattro: il «magico» Pato del Milan; lo sgusciante Giovinco della Juve; l’ancora «verde» ma promettentissimo Jovetic della Fiorentina; il già conosciuto Zarate, che si pentono di aver ceduto alla Lazio.



Il caso Kakà-Manchester City ha cambiato la strategia dei signori del petrolio. Per nulla contenti di essere passati da «facili dispensatori di denaro», tanto per usare un eufemismo. In realtà il calcio locale, da Dubai ad Abu Dhabi, vuole scalare rapidamente la scala dei valori mondiali dando vita a un grande campionato nazionale. Ogni squadra è di proprietà di uno sceicco e ciascuno, ovviamente, vuol fare meglio dell’altro…



Gli obiettivi, in linea generale, sono due: 1) portare nel loro campionato, che prevede tre soli stranieri per squadra, giovani talenti capaci di essere imitati dai ragazzi arabi; 2) dotarsi di maestri, anche italiani, di sicuro valore. Non a caso, circolano due nomi sopra tutti: quelli di Arrigo Sacchi, «costruttore» del Milan delle meraviglie e ct azzurro del mondiale 1994, dannatamente perso ai rigori contro il Brasile, e di Alberto Cavasin, capace di far risalire la Fiorentina dal calvario della C2, tecnico meno medagliato di Sacchi, ma profondo conoscitore di calcio e, soprattutto, valido scopritore di talenti. (Il Giorno)

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