Il Toro ha un piede in serie B e il cuore fuori dall’alfabeto. Novellino pure: salta o non salta è stata la battaglia, interna ed esterna al Torino, che dal dopopartita è arrivata fino all’alba. Non c’è neanche da parlare sulla sconfitta di ieri. Il problema non è ieri. Ma il problema è l’allenatore? No, non può esserlo, anche se oggi è probabile che salterà e al suo posto arriverà Papadopulo o Camolese. Esonero? Esonero: la carta della disperazione è pur sempre una carta. La classifica condanna i granata meno dei fatti, le nove giornate ancora da giocare danno più speranze di Papadopulo o Camolese o Pinco Pallino. E che il cambio in panchina sia la carta della disperazione è certo. Ieri Cairo, al di là di quanto oggi saprà abilmente dissimulare, è stato profondamente scosso dalle invettive con cui l’hanno benedetto parecchi tifosi. Inevitabile, alla fin fine ci si regala sempre un unico responsabile.



Pure la foschia prima o poi si dirada. Eppure – Novellino sì Novellino no la notizia più clamorosa potrebbe essere un’altra, quella dell’autoesonero. Termine colorito ma per nulla ingrato, anzi. Le voci che da settimane danno come ben attiva una trattativa per l’acquisto del Torino si sono ingrossate, fino a definire un territorio (la Svizzera), una cassaforte (l’elvetica banca Ubs) e infine un nome. Che non è Ciuccariello, bensì Ernesto Bertarelli. Sì, il patron di Alinghi, l’italiano naturalizzato svizzero che ha un capitale stimato in quasi 9 miliardi di dollari. Ordunque, se l’indiscrezione fosse confermata dall’effettiva chiusura positiva della trattativa, è evidente come il tifoso del Toro dovrebbe veramente erigere un monumento a Urbano I accanto al Caval d’brons.

(fonte Tuttosport)

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