Per spiegare chi è Mino Favini non basterebbe un’ enciclopedia. Lavora da una vita, agli inizi degli anni novanta, con l’Atalanta e se il settore giovanile bergamasco ha sfornato tanti talenti il merito lo si deve a lui. Favini ha 73 anni e solo con uno sguardo, sa capire le potenzialità di un ragazzino e ha scovato, negli anni, giocatori che rispondono ai nomi di Montolivo, Zambrotta, Pazzini, Motta, Vierchowod, Tacchinardi solo per citarne alcuni. E in questa intervista esclusiva rilasciata a ilsussidiario.net racconta il suo metodo, affermando che il suo amico Prandelli “è pronto per la Juventus” e a stento trattiene la commozione quando racconta di Stefano Borgonovo che ha incontrato pochi mesi fa.



Favini: che cos’è per lei l’Atalanta?

Prima una breve carriera come giocatore. Poi, dopo l’esperienza comasca, mi hanno chiamato come dirigente del settore giovanile, forse ricordandosi più del mio valore come persona che come giocatore. Ho intrapreso un lavoro, agli inizi degli anni 90, che mi sentivo dentro di fare e che credo in questi anni abbia portato buoni risultati.



Come è strutturato il sistema giovanile bergamasco?

E’ composto da 11 squadre più la scuola calcio, che forma i ragazzi nati nel 1998 e 1999. A Zingonia c’è il mio quartier generale, dove ricevo gli osservatori, i nostri collaboratori e lo staff che compone la struttura del settore. Ogni squadra ha un nucleo ad hoc, con allenatore, massaggiatore e un dirigente accompagnatore, figura importante all’interno del gruppo.

Qual è la differenza con gli altri settori giovanili?

Noi abbiamo dei concetti base su cui verte tutto il nostro lavoro. La selezione e la crescita dei giovani calciatori sono i due momenti più importanti. La selezione viene effettuata secondo un criterio nostro: noi valutiamo le attitudini. Per attitudini intendiamo quel rapporto naturale che il bambino o il giovane giocatore ha, la naturalezza del gesto. Questo è il punto di partenza iniziale.



Poi come si articola il lavoro?

Ci sono 4 aspetti su cui lavoriamo. L’aspetto tecnico, fisico, con la crescita naturale del giocatore, l’aspetto atletico, diverso da quello fisico, e quello tattico, che è la definizione del ruolo del giovane giocatore.

Riesce a capire al volo con uno sguardo le potenzialità di un ragazzino?

Naturalmente ormai capisco se un giovane ha potenzialità o no. Il percorso diventa poi arduo perché se non sviluppa quelle caratteristiche che dicevo prima, è difficile che possa diventare un giocatore. Poi è fondamentale la crescita del carattere, maturando la volontà, lo spirito di sacrificio, di convivere all’interno di un gruppo. E se non hai tutte queste qualità è difficile che uno diventi giocatore professionista.

Avete collaborazioni con altre società satellite?

Abbiamo rapporti con molte società, non solo nel bergamasco, e con una di esse, il Margine Coperta, paesino alle porte di Montecatini, abbiamo un rapporto ottimo. Da questa squadra sono arrivati il povero Chicco Pisani, di cui ho un ricordo bellissimo, Rossini, Pazzini, Pagano del Rimini che è seguito da squadre di Serie A, Guarente fino ai più giovani Bonaventura e Marconi, uno è al Pergocrema e l’altro al Grosseto, sono entrambi diciannovenni.

Come possiamo quantificarla questa rete di rapporti?

Una rete di rapporti in tutta Italia, con osservatori locali abbastanza numerosi di cui 5-6 hanno un rapporto lavorativo con noi e si muovono sul territorio lombardo. Abbiamo amicizie che ci segnalano giocatori che poi sul posto valutiamo se ci possono interessare.

Ci racconti di quando il suo amico Oriali le propose di prendere in mano il settore giovanile dell’Inter…

Sono passati una decina di anni quando mi incontrai con Oriali e la dirigenza nerazzurra per un passaggio. Scelsi Bergamo perché fu ed è tutt’ora la mia dimensione. Ho ringraziato l’Inter per la fiducia e sono contento di questa scelta. In questi anni sono arrivate altre offerte, di squadre importanti ma ho scelto per l’Atalanta, dove mi trovo bene.

Com’è la domenica di Favini?

Adesso mi sono un po’ calmato, ma prima mi svegliavo molto presto e riuscivo a vedere anche 3 partite in una mattina. Poi pranzo veloce a casa e partita della prima squadra o di squadre di serie C o di interregionale se c’erano segnalazioni. Adesso ho diminuito grazie a Sky, che fa sì che mia moglie brontoli di meno…

Lei ha sempre puntato sull’educazione e sulla persona, allontanando anche giocatori che non rispettavano questi principi…

E’ successo recentemente con un ragazzo di buona qualità al Viareggio. Mi accorgevo che qualcosa non andava nella squadra e una volta individuato il problema ho detto al ragazzo che qui non comandava lui e che le decisioni le prendeva il mister. E ho deciso di mandarlo a casa nel pieno del torneo.

Meglio costruire un uomo di un calciatore?

Un giovane calciatore è pur sempre un futuro uomo. I suoi impegni non sono solo giocare a calcio e non può trascurare quello che è il suo dovere principale, la scuola, e quelle regole che deve rispettare come ragazzo. L’aspetto scolastico è sempre più importante di quello calcistico. La crescita di un giovane come calciatore non è disgiunta dalla crescita personale e di formazione che ha. Ad esempio i nostri giocatori vivono alla “Casa del Giovane” realtà gestita da preti che aiuta a seguire nella crescita i ragazzi.

Ci parli di Prandelli…

Prandelli è stato uno dei primi che ho avuto come allenatore a Bergamo. Un uomo squisito, un ottimo allenatore che serve da esempio ai giovani sia dal punto di vista comportamentale che per il modo con cui si rapporta con i giovani. Si è capito subito il suo reale potenziale come allenatore.

E’ pronto per la panchina di una big?

Certo che è pronto e lo vedo bene alla Juventus visto che ci ha già giocato. Non avrebbe problemi e non avrebbe difficoltà sia dal punto di vista tecnico che da quello ambientale.

Borgonovo è stato uno dei suoi “ragazzi”, adesso sta lottando contro la Sla…

L’ho conosciuto che aveva dodici anni al Como. Si capiva che si trattava di un ragazzo con un potenziale calcistico importante ed infatti ha fatto un’ottima carriera. Quasi tre anni fa mi ero accorto che c’era qualcosa che non andava. Partecipavo con l’Atalanta ad un torneo nel suo paese e non riuscivo mai ad incontrarlo, mi sfuggiva. Non voleva farsi vedere da me con i primi segnali della malattia.

Poi la richiesta da parte di Stefano di rivederla…

Poco tempo fa mi ha mandato a chiamare da un amico comune che mi ha detto: «Stefano la vuole rivedere». Un incontro bellissimo, commovente, a casa sua. Mi colpì lo spirito che lo anima. Ha visto che mi trovavo in difficoltà e attraverso la lavagnetta ha fatto di tutto per mettermi a mio agio. Era lui che sosteneva me. Dobbiamo rivederci a breve

Il giocatore più forte che è uscito dal suo vivaio?

Tantissimi. Da Como Matteoli, Vierchowod, Butti, Galia, Fusi, Borgonovo, Zambrotta… pensi che ai tempi del Barcellona arrivò anche una troupe televisiva dal Barça per intervistarmi come il suo scopritore.

Qualche errore?

Vannucchi fu uno dei pochi errori: l’abbiamo visto ma abbiamo fatto una valutazione errata. Oppure di quella volta che scegliemmo Sorrentino, uno che non divento mai un calciatore, scartando un certo Calaiò.

Ci racconti di Pazzini e del suo exploit.

Lo spiego con le sue qualità. Ho cercato di mettere pace tra lui e Prandelli. In realtà non avevano affatto litigato. Era necessario che Giampaolo trovasse da un’altra parte più continuità, essendo bloccato da Mutu e Gilardino. Il rapporto tra lui e Cesare comunque è sempre stato corretto. Pazzini è un giocatore giovane, completo, che sa muoversi in tutte le zone del campo. Credo però che abbia ancora margini di miglioramento

Montolivo quando esploderà definitivamente?

Il problema è che ha difficoltà ad interpretare la seconda fase di gioco, quando non si ha il pallone o bisogna recuperarla.. Si sta completando e con le qualità che ha si sta esprimendo come giocatore completo.

Quali nomi dell’Atalanta sentiremo nel prossimo mercato?

Fra quelli in prima squadra tutti possono avere un futuro importante. Come Consigli e stanno emergendo Padoin e Gaurente.Mi dispiace per Bellini, che pur avendo le qualità non ha mai sfondato

Ci segnala qialche giovane interessante?

Di nomi non ne faccio, non per paura di sbagliare ma per non “bruciarli”. Possiamo ricordare oltre a Bonaventura e Marconi, Gasparetto del Modena e Gentili nel Pergocrema.

Il suo rapporto con il presidente Alessandro Ruggeri?

E’ stato un mio giovane calciatore e adesso gli do del “presidente”. Lui ci scherza. Il nostro rapporto è familiare, il che non fa mancare il dovuto rispetto che gli devo come massimo esponente della società. C’è poi un grande affetto che mi lega a suo padre: spesso “bisticciavamo”, ma poi finiva tutto con una pacca sulla spalla e un sorriso.

Il calcio è la sua vita, non pensa mai fare il nonno a tempo pieno?

Sarebbe ora che iniziassi. In questi giorni di Pasqua con la scusa di seguire un torneo a Bellaria dei giovanissimi, vado a trovare mia nipote Francesca che si trova a Coriano, nell’entroterra della riviera romagnola. Starò con lei. Ma seguirò anche le partite, naturalmente…