Attilio Maldera appartiene ad una famiglia che al calcio italiano ha dato tantissimo. In un’intervista, suo fratello Aldo ha detto:” I miei genitori erano semplici, come i loro nomi, Antonio e Antonia, si trasferirono da Corato (Bari) a Milano, perché mio padre aveva capito che lì ci sarebbero state possibilità di lavoro per sé e per i suoi figli.” I tre figli maschi di questa coppia del Sud dai sani principi ed equilibrati valori, hanno giocato tutti a calcio, dando il massimo, tutti e tre: Attilio, Luigi e Aldo sono stati difensori del Milan, e hanno giocato anche in Nazionale. Attilio si occupa da anni dei giovani. Ha delle scuole di calcio davvero innovative, in cui tiene nella massima considerazione i ritmi e le esigenze dei giovanissimi, va evidenziato come nelle sue scuole il calcio conviva con la cultura e con la società di cui gli ambienti calcistici fanno parte. I ragazzi non vivono di solo calcio, vengono portati nei musei oppure nei centri di apicoltura, nelle fattorie, ecc.. Attilio Maldera è docente di tecnica per l’Associazione italiana allenatori di calcio (A.I.A.C.) ed è responsabile della sezione della F.I.G.C. per lo sviluppo del settore giovanile e scolastico. Svolge il suo lavoro non soltanto a Coverciano, ma viaggia tantissimo e si rende conto di molte realtà. Per quanto concerne il suo lavoro nelle scuole di calcio, è coadiuvato da una pedagoga molto preparata, la dott.ssa Raimonda Minervino, che è anche la moglie di Attilio Maldera. Avendo saputo dar vita ad una bellissima famiglia, i coniugi Maldera, desiderano trasmettere i loro splendidi valori. In un mondo così disorientato, vale la pena conoscerli, dal momento che non vivono in una torre eburnea, come altre coppie appartenenti al mondo del calcio, ma sono disponibili ad incontrare e ad ascoltare il loro prossimo.



Ci parli degli ambienti calcistici relativamente agli anni in cui Lei ha giocato.

Il calcio di quei tempi era umano, si andava avanti per meriti, gli allenatori erano dei maestri di vita, non ci insegnavano solo a giocare a calcio, ma ci trasmettevano principi, valori, ci educavano al fair play.

Uno dei suoi primi allenatori è stato Nereo Rocco. Come ricorda questo allenatore straordinario?



Nereo Rocco aveva delle qualità umane straordinarie, era burbero, severo, ma amava tantissimo i giovani e si adoperava in tanti modi per aiutarli. Era molto legato ai valori della famiglia. Trasmetteva sicurezza ai suoi calciatori, li aiutava ad avere fiducia in se stessi e ad essere amici, non solamente compagni di squadra. Ricordo che talvolta ci rimproverava, ma se un attimo dopo compariva un giornalista per intervistarlo, era subito pronto ad elogiare le nostre qualità. Riusciva ad avere una squadra coesa, che si esprimeva benissimo in campo. Era una persona autorevole e dal cuore generoso, per cui si sentiva a suo agio con tutti, era grande amico dell’intellettuale Gianni Brera e appezzava tantissimo la gente semplice.



Quando giocava Lei, la tecnica aveva giustamente una grande importanza, ora non più, come mai?

Oggigiorno contano la vittoria, il buon risultato a tutti i costi, per calciatori e allenatori ci sono altri impegni, altre mete, e, quindi, si trascura la tecnica.

Dov’è finito il bel gioco del calcio?

Non c’è più, e di conseguenza non ci si diverte più, le partite sono noiose.

Si può azzardare un confronto tra Nereo Rocco e Mourinho?

Nereo Rocco era un allenatore di calcio ed un maestro di vita per i giovani calciatori, Mourinho è un manager, comunque, sempre di più il calcio odierno ha la necessità dell’allenatore-manager, ovviamente questi sono ruoli e necessità che hanno ben poco a che fare con il gioco del calcio, quello vero.

Si ha l’impressione che alcuni allenatori-manager abbiano bisogno di ‘schiacciare’ la personalità dei calciatori per far emergere la propria. Lei cosa ne pensa?

Un vero allenatore di calcio deve saper rendere protagonisti i suoi ragazzi.

Gli allenatori dei pulcini, degli allievi, delle squadre ‘primavera’ sono quelli che possono causare davvero grossi problemi ai ragazzi, sono abbastanza preparati questi allenatori dei giovanissimi?

Un allenatore può essere preparatissimo, ma avere un grande difetto: la superficialità. Gli allenatori dei giovanissimi devono essere sempre molto vigili ed attenti. Ai bambini non si può dare un carico di lavoro eccessivo, per il bambino il calcio deve essere un divertimento. Bisogna considerare che per i giovanissimi è molto importante il riposo, e devono alimentarsi in modo corretto. Ci sono tanti fattori da tener presente. E’ molto importante che l’allenatore dei giovanissimi non divida mai i giocatori, non metta mai le etichette: quelli sono bravi, gli altri sono mediocri. I ragazzi hanno i loro ritmi, e chi viene considerato mediocre spesso ha solo bisogno di venir stimolato di più, diamo fiducia ai ragazzi.

Nereo Rocco dava fiducia ai suoi ragazzi…

Certamente, e non solo, ricordo ancora con commozione quando mi disse che voleva conoscere la mia famiglia. Venne a casa mia e parlò in modo amichevole con i miei genitori. Quando ci incontrammo al campo mi disse che dovevo essere orgoglioso dei miei genitori, erano delle bravissime persone, che mi stavano trasmettendo dei valori importanti.

Anche il dialogo con le famiglie contribuiva a creare armonia nelle squadre. Talvolta, oggigiorno, sono i presidenti-padroni che sottraggono serenità e armonia alle loro squadre. Secondo Lei, perché la F.I.G.C. non organizza dei corsi per i presidenti delle squadre di calcio?

Li abbiamo organizzati, ma sono venuti pochissimi presidenti, uno solo era intenzionato a frequentare il corso, loro hanno i soldi, il potere e questo basta.

Così com’è il calcio non educa i giovani ed è grave, perché dai giovani e giovanissimi è molto osservato. Una sua opinione in merito a questo delicato argomento?

In media, in Italia, ci sono 700.000 partite ogni domenica, a cui partecipano i giovanissimi, attraverso il calcio potremmo davvero veicolare messaggi utilissimi ai ragazzi, invece viene fatto l’esatto contrario. Per quanto mi riguarda, cerco di dare il mio contributo per un calcio educativo attraverso le mie scuole di calcio, dove rispettiamo i ritmi dei giovanissimi e abbiniamo il calcio alla cultura.

Il suo incarico come responsabile del settore tecnico la fa viaggiare molto, in quale Paese ha notato un autentico fair play?

In Cina, i verdetti degli arbitri non vengono mai messi in discussione, addirittura ci si inchina dinanzi all’arbitro.

Dalle nostre parti ci si inchina solo dinanzi al dio quattrino. Attualmente la F.1 sta cercando di gestire bene le ingenti somme di denaro e possiamo dire che i risultati sono accettabili, sono lontani anche loro dallo spirito sportivo, ma non c’è il degrado che osserviamo nel calcio italiano. Gli autodromi, al contrario delle società calcistiche, si aprono a molte iniziative, secondo Lei perché nel calcio c’è più degrado e chiusura?

Gli ambienti sono molto diversi, è la tecnologia che fa la differenza, la tecnologia sta alla base delle gare automobilistiche, la F.1 è più ‘allenata’ ad adoperare bene i denari e a convogliarli verso la ricerca tecnologica, per il calcio Il troppo denaro è un grosso problema.

Abbiamo parlato di calcio educativo, sportivo, di calcio autentico ed ora io Le pongo una domanda: quali valori educativi e sportivi può trasmettere ai giovani calciatori della sua squadra il patron del Chelsea Roman Abramovich?

Roman Abramovich non può trasmettere alcun valore: né educativo né sportivo.

(Daniela Asaro Romanoff)