Forse in Italia uno dei primi che conobbe il talento e la qualità del neo juventino Diego fu Emanuele Basile. Avvocato a Casalpusterlengo, nel lodigiano, fu colui che permise, curando tutto l’iter burocratico, di far prendere al brasiliano la cittadinanza italiana. Tutto avvenne il 17 marzo del 2004, quando l’allora attaccante del Santos ricevette il passaporto. A Sant’Angelo Lodigiano si fece festa. Basile racconta, in esclusiva per ilsussidiario.net, come avvenne tutta la pratica. Con un rimpianto, da tifoso nerazzurro: «Avrei preferito vederlo con la maglia dell’Inter…»
Avvocato lei è quello che ha curato l’iter per far diventare comunitario il giocatore Diego. Come avvenne?
La pratica e la ricerca fu molto impegnativa perché Diego aveva origini campane e ferraresi. Abbiamo recuperato i certificati dei suoi ascendenti: Carlo Lazzari di Ferrara e Maria Concetta Viola di Napoli, che erano i nonni del padre. E’ stato un lavoro impegnativo e difficoltoso ma siamo riusciti a regolarizzare la sua posizione. Diego tutti i diritti per ricevere la cittadinanza italiana.
Come si è arrivati a lei e perché Diego ha deciso di fare questo passo?
Lui, già a 19 anni, era considerato in Brasile uno dei più forti giocatori al pari di Kakà e Adriano, una stella nascente. Io avevo contatti in Brasile con il suo procuratore Claudio Nespoli, I genitori poi conoscevano bene la nostra zona, perché quando i bisnonni emigrarono a San Paolo, trovarono ospitalità e sostegno da parte degli istituti caritatevoli fondati da Santa Francesca Cabrini, che fu nativa di Sant’Angelo. Rimasero legati alla nostra zona per il ricordo dell’aiuto che avevano ricevuto i loro antenati e Diego decise di prendere la cittadinanza proprio qui, a Sant’Angelo.
E lei seguì tutto l’aspetto burocratico?
L’iter ha avuto il vaglio di Prefettura, Questura e il placet dal Ministero per gli Italiani all’estero. E’ stato proprio il ministero a dirmi quali atti e procedure compiere per regolarizzarlo.
Che ricordò ha di Diego?
I maggiori contatti e rapporti li ebbi con il padre-agente. Ci siamo visti a Codogno, allo stadio e diverse volte nel mio studio. Diego invece lo conobbi il giorno che ricevette il passaporto e mi colpì la sua riservatezza. Nell’occasione ricordo che arrivò dal Brasile anche la madre.
Qualche aneddoto?
Alla fine del pranzo quasi inaspettatamente Diego mi regalò la sua maglia numero 10 del Santos con dedica “a Manuel un abbraccio”. Manuel è il nome con cui mi chiamano gli amici e questo mi fece molto piacere. Alla fine dopo le esperienze in Portogallo e Germania arriva in Italia.
E’ vero, come si sente, che Diego si muova insieme a una “tribù” di persone?
Ho sempre trattato con il padre e visto che non parla italiano avevo come interprete Claudio Nespoli, che nonostante sia brasiliano parla un po’ la nostra lingua. Il padre si occupava di tutto ma altri non li ho mai visti.
Ha più visto Diego dopo il 2004?
Non lo vidi più da quel giorno. E da interista speravo di poterlo vedere nella mia squadra. Spero comuque visto il suo arrivo in Italia di poterlo rincontrare.