Quando una squadra non vince il primo a pagare è sempre e comunque l’allenatore. Alcuni giorni fa abbiamo ipotizzato un’analogia tra il presente (Claudio Ranieri) e un passato lontano (Gigi Maifredi). Se il presente è sotto gli occhi di tutti, la persona più adatta a commentare il passato è proprio Gigi Maifredi. Il ricordo del tecnico bresciano è ancora vivo nella memoria dei tifosi bianconeri: correva la stagione 1990-1991 e la Juve decise di puntare su un tecnico emergente come Maifredi (aveva fatto molto bene ad Ospitaletto e a Bologna). Il nuovo corso dirigenziale, capitanato da Luca Cordero di Montezemolo, scommise su Maifredi e su un calcio innovativo. La Juve, dopo una roboante sconfitta in Supercoppa con il Napoli, disputò un buon campionato fino alla sosta invernale prima di perdere punti e di finire addirittura fuori dall’Europa. Non bastò neppure la semifinale di Coppa delle Coppe persa con il Barcellona. Quando la classifica incominciò ad essere pesante i giocatori scaricarono di fatto il tecnico perché sicuri del suo licenziamento: il ritorno di Trapattoni (gradito a molti giocatori) era dato per scontato e, non a caso, il settembre successivo il Trap si insediò sulla panchina (in società riprese il timone Boniperti) al posto del malcapitato fautore del calcio champagne. Ieri come oggi è forte anche il parallelo con la confusione che regna in società. Maifredi rifiuta il confronto fra il suo periodo e quello di Ranieri, ma in questa intervista si sofferma sull’inesperienza sotto il profilo calcistico dell’attuale società. Oggi Maifredi è autore, fra le altre attività, di una trasmissione “Gladiagol” in onda sulle reti Sky che «a giudicare dagli ascolti piace, ma che non basandosi sugli introiti del botteghino (il tutto si registra nelle piazze delle città italiane, nda) ha bisogno di sponsor».
Maifredi, ci racconta cosa successe veramente alla sua Juve?
Fui preso per cambiare indirizzo. Oggi si dice che sei mesi sono pochi per lasciare un’impronta (vedi Mourinho), con me volevano che facessi il miracolo in tre mesi. Ci tengo, comunque, a precisare che alla tradizionale cena di dicembre ero stato io a parlare con i dirigenti: non avevo più intenzione di allenare la Juve. Alla vigilia della semifinale di Coppa delle Coppe con il Barcellona Gianni Agnelli entrò nello spogliatoio per comunicare che, in caso di passaggio del turno, si sarebbe potuto tornare indietro o meglio mi avrebbero fatto cambiare idea.
Maifredi è associato a un periodo nero della Juve
A questo proposito voglio ribadire che la Juve incominciò a vincere dopo quattro anni (al secondo anno di Lippi e dopo due di Trapattoni). Non era tutta colpa di Maifredi, che avrebbe potuto vincere in meno tempo. Adesso è facile sparlare.
Col senno di poi cosa non funzionò?
Dimostrai insofferenza a restare in un mondo che non era il mio. Avevo bisogno di allenare una squadra intermedia e non subito la Juve.
E con Ranieri cosa non sta funzionando?
Secondo me la situazione è molto differente. Non ci sono analogie con il passato: io ero al primo anno e Ranieri è al secondo. La premessa è quella che Ranieri ha girato grandi squadre ed è arrivato un po’ scarico: aveva già dato il meglio di sé. Si vede ad occhio nudo che non ha saputo gestire lo spogliatoio, in particolare Trezeguet.
In panchina possono andare anche i campioni…
Chi dice che i giocatori sono tutti uguali dice una stupidaggine. Non bisogna essere schiavi del big, ma ricordiamoci che Trezeguet è uno da 20 gol a stagione. Il risultato è quello di avere contro un giocatore e con lui una parte dello spogliatoio. Ranieri non voleva Trezeguet fin dall’inizio, adesso deve fare i conti con le conseguenze.
In queste situazioni serve una società autorevole…
L’attuale dirigenza ha pagato il fatto di arrivare a Torino dopo un duo fantastico come Giraudo e Moggi. Non sono stati in grado di gestire la situazione e, inoltre, non si sono mai avvalsi di un grande operatore di mercato. Dal punto di vista calcistico sono dei neofiti. Secco è un giovane bravo, ma inesperto. Blanc nel mondo del calcio non è conosciuto. E’ una società senza spessore sotto il profilo calcistico. Il primo segnale si era avuto con le dimissioni di Deschamps, che aveva riportato la squadra in A dalla serie B e che forse aveva capito l’andazzo.
(Luciano Zanardini)