A poche ore dalla partita con la Repubblica Ceca, con la quale si concluderanno le prime due settimane di raduno azzurro qui a Bormio, Marco Belinelli si concede in esclusiva ai microfoni de ilsussidiario.net in una lunga intervista nella quale parla di NBA, della nazionale e del suo futuro. Il “Beli”, o “Rocky” come è meglio noto al di la dell’oceano, insieme con Andrea Bargnani, è la stella su cui punta la nazionale italiana per strappare alle rivali l’ultimo biglietto utile per volare in Polonia per la rassegna continentale settembrina. Il talento dei Warriors appare sereno e motivato a fare bene con la casacca azzurra.



Cominciamo dalla tua esperienza in NBA con i Warriors. Il 19-12-2008 contro Atlanta realizzi 27 punti, la tua migliore prestazione come scorer, dieci giorni dopo 23 contro i Raptors di Bargnani. Associ il momento più positivo di queste due stagioni a queste due notevoli prestazioni?

Direi di sì. L’associo al momento in cui ho cominciato a giocare veramente a basket e nella NBA. La prima partita in cui ho giocato bene quest’anno è stata contro Milwaukee. Da quel momento in poi mi sono espresso con delle buone prestazioni ed ho attraversato un momento decisamente positivo.



Si è parlato molto dei miglioramenti da te fatti sotto tanti aspetti del gioco. Dalla struttura muscolare, alla difesa e all’aggressività nell’andare a canestro. C’è un aspetto del gioco nel quale pensi di aver fatto un salto di qualità?

Penso di esser migliorato in alcune carenze che avevo. Prima mi affidavo molto al tiro, ora cerco di essere un “tuttofare”. Sono conscio del fatto che i miei difensori non mi vorranno far tirare e quindi devo cercare altre soluzioni come andare dentro o giocare spalle a canestro e creare per i miei compagni. Cerco e voglio migliorare in tutti questi aspetti.



Qual è l’aspetto più duro per la vita di un atleta nell’NBA?

Il numero di partite, le lunghe trasferte, l’elevata qualità media dei giocatori? Secondo me di duro non c’è molto. Anche se abbiamo 82 partite e 42 trasferte nell’arco di un anno, non subentrano mai aspetti quali la noia o la carenza di voglia nel fare le cose. Il fatto è che si viaggia sempre ai massimi, si è comodi, tranquilli e non bisogna curarsi nemmeno delle valige o cose simili perché ci pensa sempre lo staff . Dopo il primo mese di trasferta ti abitui ed il tempo passa veramente veloce. La passione per il gioco poi rende tutto davvero più facile.

Veniamo all’Italia. In queste prime partite con la nazionale hai dimostrato di preferire la penetrazione al gioco perimetrale, di cercare di spezzare il raddoppio costantemente e di attaccare il ferro con frequenza. È il tuo approccio alla gara, quello che ti chiede Recalcati o semplicemente una questione di cosa ti permettono di fare gli avversari?

Nessuno mi dice come devo giocare. Cerco di leggere il gioco al momento e di capire la cosa più giusta da fare. Se c’è un pick and roll ed un mio difensore passa dietro prendo un tiro, se mi seguono e mi raddoppiano scarico per un mio compagno, se invece c’è lo spazio per andare dentro cerco di penetrare e guadagnarmi un fallo. Sono consapevole del fatto che devo essere un giocatore aggressivo e pericoloso per 40 minuti e cerco di esserlo.

L’assenza di Mikael Pietrus dall’additional round di qualificazione pensi che possa darci un vantaggio effettivo?

Forse in parte sì. E’ pur vero però che la Francia ha tanti altri giocatori NBA. Ci sono Parker, Turiaf, Diaw. L’assenza di uno non fa tanta differenza. Io e la squadra dobbiamo andare in campo con lo stesso spirito indipendentemente dal fatto che ci sia Pietrus o qualunque altro giocatore. Sinceramente mi dispiace perché Pietrus è un giocatore forte e mi sarebbe piaciuto poterlo affrontare anche con la casacca azzurra.

Rimanendo sul tema Francia, quale pensi possa essere la chiave per avere la meglio sullo strapotere fisico dei francesi?

Dobbiamo essere un gruppo compatto così come stiamo dimostrando qui a Bormio e lottare su ogni pallone. Loro hanno più talento ed esperienza di noi . Se però noi andiamo in campo con l’atteggiamento giusto, pronti a combattere in ogni singola azione ci può scappare di tutto. Il basket è imprevedibile. Vedremo quando arriverà il momento. Noi comunque dobbiamo arrivare pronti anche se siamo consapevoli di non essere tutti al cento per cento. Io per primo non sono in condizioni ottimali.

A proposito della tua condizione atletica, a che punto senti di essere?

Non lo so esattamente. Ho finito la stagione verso il 13 aprile e poi ho avuto due mesi in cui sono stato a riposo e mi allenavo da solo. Per due settimane mi sono allenato con il nostro operatore Gigi Sepulcri e quindi ho cercato di essere pronto per il raduno di Bormio. Quando però sei a casa dopo essere tornato dagli Stati Uniti è chiaro che tendi a mangiare di più, qualche sera rimani fuori fino a tardi e quindi qualcosa, dal punto di vista fisico, si perde sicuramente. Ora comunque sono due settimane che stiamo lavorando. Penso di poter dire che sono al 75-80%. Sono comunque in crescita. Sudando, allenandosi e giocando le cose non possono che migliorare.

Nella partita con la Svezia ti abbiamo visto in campo solo nel primo tempo e con il Senegal sei stato a riposo. Motivi precauzionali per il colpo che hai ricevuto al dito? Nulla di preoccupante?

Sì ho preso un colpo al dito durante la partita con la Svezia. Sinceramente non so nemmeno come. I medici hanno detto che è solo una botta quindi nulla di cui preoccuparsi.

Ci puoi raccontare qualche aneddoto su come cercate di stemperare il clima di questa preparazione?

Cusin ha parlato di un clima gioviale fatto di complicità e qualche scherzo tra di voi che aiuta a cementare il gruppo. Ma direi che non vi è nulla di particolare. Siamo una squadra giovane. Sappiamo tutti quello a cui dobbiamo arrivare, ci conosciamo e anche in campo penso che si veda che siamo una squadra tranquilla, fatta di giocatori non presuntuosi. Cerchiamo di essere un gruppo unito e compatto allenandoci al massimo e cercando di fare altrettanto quando siamo in campo a giocare contro una squadra avversaria.

Ad eurobasket 2007 avevi il 4 sulla casacca azzurra, nella prima uscita qui a Bormio il 23, con la Svezia il 22. C’è qualche motivo particolare dietro a questi cambi di numero?

No. Da quando gioco a basket ho sempre avuto mille numeri. Non c’è un motivo speciale ed in nazionale non sono legato ad alcun numero in particolare.

Parliamo del tuo futuro. Stando ai tuoi desideri personali e a come ti senti di poter concretizzare il tuo talento, come e dove ti vedi tra 3-4 anni?

Non saprei. Non tendo a giudicarmi, preferisco siano gli altri a farlo. Io cerco solo di migliorare giorno per giorno e di non mollare mai. Ci sono stati momenti difficili e spero non ve ne siano degli altri simili in futuro. Vedremo. Io mi concentro unicamente sul presente e sul lavorare con dedizione. Riguardo alla nazionale per esempio tutti dicono che questa sarà la squadra di Belinelli e Bargnani. Può essere giusto, però penso sia meglio dire che questa sarà la nazionale di tutti quanti. Dobbiamo essere una cosa sola per riuscire a vincere. Sicuramente io ed Andrea avremo più responsabilità e le palle nei momenti importanti. Io sono tranquillo al riguardo e non sento pressione alcuna. Forse è la mia fortuna. Quando c’è una palla ed un canestro la sola cosa che conta è giocare aggressivi, difendere e ovviamente segnare. Io non penso ad altro che dare il massimo sempre e comunque.

In questi giorni i tuoi ex tifosi della Fortitudo vedono la loro squadra, dopo un’annata disastrosa culminata con la retrocessione, esclusa anche dalla Legadue e con un futuro ancora molto incerto. Che pensiero ti senti di rivolgere ai tifosi della Effe?

E’ un momento davvero brutto per la Fortitudo e posso immaginare anche per i tifosi. A me dispiace tantissimo perché con la Effe ho giocato, vinto, e vissuto momenti importanti. E’ triste pensare che la Fortitudo debba ripartire da così lontano. Mi dispiace moltissimo anche per il Mancio, mio grande amico. Per lui penso che questa situazione debba rappresentare una spinta. Stefano dovrà cambiare squadra e cercare di aspirare a qualche formazione di alto livello. Sicuramente per lui non sarà facile visto che ha trascorso 10 anni della sua carriera a Bologna. Penso poi che la situazione sia delicata per tutto il basket italiano. La Fortitudo è una squadra che è sempre stata al top sia in Italia che in Europa e vederla ripartire da così in basso è una cosa da non credere.

Parlando del tuo rapporto con Mancinelli, è evidente vedendovi anche in allenamento che siete molto affiatati. E’ il giocatore con il quale hai un più intenso rapporto di amicizia anche qui in nazionale?

Siamo i due gemelli. C’è stato un feeling particolare fin da quando abbiamo giocato insieme a basket per la prima volta in Fortitudo. Tra di noi c’è un’intesa particolare che ci fa stare bene insieme dentro e fuori dal campo. Siamo una gran coppia.

(Cristian Franceschini)