Ringraziamo e pubblichiamo questo commento di Alessandro Salvatico, giornalista di www.toronews.net, su Alberto Zaccheroni, neo tecnico della Juventus.
CALCIOMERCATO JUVENTUS – Una volta che sarà conclusa la sua avventura bianconera a termine, Alberto Zaccheroni avrà totalizzato nella città di Torino un periodo di tempo pari a quello di una stagione sportiva intera: cinque mesi in granata, quattro come traghettatore della Juventus. Dovrà accontentarsi di operare calcoli di questo genere, perché la soddisfazione di guidare una formazione per un campionato intero gli è negata fin dagli anni ’90 (o dallo scorso millennio, a voler essere un po’ pomposi), dal suo secondo anno di Milan. Da allora, è sempre e solo saltato su treni in corsa, cosa che in seguito non rende mai troppo semplice il mantenervisi a bordo saldamente.
A Torino, in realtà, salì su un convoglio che era ancora fermo in stazione; pronto a partire, già sbuffante di vapore, ma con vagoni e bagagli preparati da altri. E nemmeno troppo bene. Fuor di metafora, l’allenatore romagnolo venne chiamato da Urbano Cairo, presidente all’esordio in Serie A, a 48 ore dalla prima di campionato, in sostituzione di quel Gianni De Biasi che aveva portato a casa una promozione “eroica” nel primo, storico anno di vita del Torino FC. Non fu un inizio facile: solo una vittoria nelle prime undici giornate. Quindi, tredici punti in cinque gare fecero cambiare decisamente il vento, che soffiò dalla parte giusta più forte che mai la sera del 3 Dicembre 2006: giornata di splendidi festeggiamenti per i 100 anni del Toro, partita contro l’Empoli vinta con un insolito aiuto (arbitrale) da parte del destino, e con gol di capitan Comotto sotto la Maratona all’ultimo minuto.
La squadra veleggiava verso la zona Uefa, quando il vento cambiò radicalmente direzione. Il Torino collezionò sei sconfitte consecutive, ma non fu solo quanto visto in campo, a sancire l’addio a Zaccheroni. Nei giorni precedenti la sua ultima panchina granata, ecco che sul sito personale dell’uomo-simbolo Rosina vengono pubblicate le pagelle dei compagni relative alla gara precedente: sono giudizi di una ferocia inaudita, che scatenano forti polemiche. Il fantasista si dichiarerà poi ignaro della vicenda, ma a Verona, contro il Chievo, sarà lasciato in tribuna dal tecnico romagnolo.
E la non-prestazione della squadra (che perse 3-0) venne letta come un ammutinamento nei suoi confronti. Non sarebbe stato l’ultimo, nella storia recente del Toro. Era, quello, probabilmente il peggior momento per lavorare alle dipendenze di Cairo in veste di allenatore: i difetti del presidente granata, successivamente in parte annacquati, emersero con forza. Il suo primo anno nel mondo del pallone fu caratterizzato da successi e fortuna inaspettati, e convinsero una persona già naturalmente incline a tali convinzioni a persuadersi di possedere i segreti del calcio, di prendere decisioni sempre giuste e vincenti, e di non avere bisogno di affidarsi ad alcun collaboratore.
Così, il secondo “Zac” della storia granata (infinitamente meno significativo e meno amato del primo, Renato Zaccarelli) fu lasciato solo, in balia dei capricci dei propri giocatori, a loro volta lasciati liberi di fare più o meno quel che volevano. Situazione, questa, destinata a ripetersi più e più volte in casa granata, e risolta (forse) solo in tempi molto recenti, con l’arrivo del sospirato team manager (Giacomo Ferri). Tecnicamente, in granata Zaccheroni fece le nozze coi fichi secchi. Il suo abituale 3-4-3 necessita di difensori rapidi e centrocampisti che sappiano trattare la palla; causa alcuni infortuni, si trovò con lo scadente Torino a sua disposizione costretto a schierare formazioni che, tecnicamente, mettavano i brividi. Per esempio, una difesa Di Loreto-Brevi-Cioffi dietro ad un centrocampo Pancaro-De Ascentis-Ardito-Balestri. Semplicemente, una squadra non all’altezza della Serie A.
Eppure, per un periodo quell’uomo gentile riuscì a portarla alle soglie dell’Europa, finché potè tenerla in pugno; non fu sufficiente, ma lasciò un buon ricordo, che tra i tifosi è costantemente migliorato con il passare del tempo, con i termini di paragone che sono seguiti. Fu un signore durante l’intera permanenza, così come nell’addio: senza una parola, e con una rescissione contrattuale che concesse ben presto a quel presidente Cairo che pure l’aveva deluso. Oggi, Zaccheroni stabilisce un primato: è il secondo allenatore della storia pallonara ad aver allenato sia granata che bianconeri, ed il primo in assoluto ad essersi seduto anche sulle panchine delle due formazioni milanesi. Ritorna in quella capitale sabauda della quale disse (Dicembre 2006): “Vedo, sento e incontro soltanto gente granata. La Juve, a Torino città, è come se non esistesse”. Aveva ragione. Sarebbe interessante sapere come concilierà questa sua conoscenza, figlia della sua prima vita in riva al Po, con la sua nuova, importante vita professionale. Sarebbe interessante. Ma tanto, quel particolare tipo di romagnolo riservato che è Zac non lo direbbe mai.