I mali della Roma 2010-2011 sono sparsi sul tavolino della critica, come carte scoperte, riecheggiano tra il silenzio stampa della società e le facce cupe di una squadra senza bussola. C’è la condizione fisico-atletica tutt’altro che strepitosa, la stessa che condanna i giallorossi ad un calo quasi obbligato in tutti i secondi tempi, ci sono i problemi difensivi che, almeno a Parma, sembrano arginati, c’è un attacco che non gira e un centrocampo ingessato, oltre al gioco senza coralità che la squadra esprime da troppe partite a questa parte. E poi ovviamente le classifiche parlano di nove punti in campionato e tre nel girone di Champions, numeri che mettono a rischio gli obiettivi di inizio stagione.
I dati che arrivano dal reparto offensivo possono spiegare una buona fetta della crisi in quel di Trigoria. Sono undici i gol nelle prime dodici uscite ufficiali. Quasi la metà (5) arriva dal solo Marco Borriello che, nelle ultime gare, è tristemente relegato ad una singolare solitudine là davanti, mentre gli altri (Totti, Adriano, Menez, Okaka, Julio Baptista) sono ancora a secco con l’eccezione di Vucinic che, dopo il gol contro l’Inter, è tornato a giocare a corrente alternata. Quello che a ragione era stato definito un attacco stellare, ora poggia i suoi piedi a terra ed è chiamato a fare i conti con una sovrabbondanza problematica e cause di incompatibilità. Il Totti cannoniere delle ultime stagioni ha dovuto allontanarsi dall’area di rigore per lasciare spazio al bomber di razza, mentre giocatori come Menez e Vucinic hanno spesso eseguito il compito di cavalcare la fascia senza però ricoprirne i ruoli essenziali (tra cui quello dei ritorni). Il risultato è impietoso: le polveri bagnate e un bottino modesto accompagnano un attacco ancora in pieno rodaggio, in cerca di identità e schemi di gioco.
Dalle corsie laterali non è giunto l’aiuto che Totti e company cercavano. Un po’ per carenza di organico sulla fascia, un po’ per prestazioni storte figlie di svariati problemi. L’unico esterno di ruolo (dopo la partenza di Cerci e Guberti) rimane il trentenne Rodrigo Taddei che, smaltito il lungo stop, è tornato per Genoa e Basilea, salvo poi infortunarsi prima di Parma-Roma. Si tratta di una ricaduta del problema muscolare al polpaccio destro che lo aveva bloccato sin dalla prima di campionato. E ora per il brasiliano è probabile un ritorno dopo Natale, con la Roma scoperta sulla corsie laterali, chiamata ad arrangiarsi grazie al sacrificio di molti. Tra questi Simone Perrotta, più volte impiegato in un ruolo non suo (esterno sinistro) dove evidentemente non rende come sa fare altrove. A Parma è stato provato Cicinho come esterno destro di centrocampo: anche qui magri risultati e parecchi errori. Senza contare la possibilità di inserire Menez e Vucinic che, però, esterni puri non sono. Sembra scontato e urgente il ricorso al mercato di gennaio: un Behrami non è auspicabile, ma necessario.
La Roma gioca a carte scoperte, esibisce un bicchiere mezzo vuoto che al momento nessuno riesce a riempire in attesa che i prossimi impegni (Lecce, Basilea, Lazio) possano dire qualcosa in più sull’identità e sul futuro di questa squadra. Lo spirito collettivo di pochi mesi fa ha lasciato spazio ad un’opacità generalizzata squarciata, di tanto in tanto, dall’individualità dei vari Mexes, Pizarro, Borriello e Totti. Serve ritrovare la forma giusta (Ranieri e collaboratori lavorano anche su questo), ma soprattutto la testa e le motivazioni di un gruppo che deve cercare la vittoria con grinta e agonismo. Ne va del futuro della squadra. E dell’allenatore.
(Marco Fattorini)