“La Roma non perde al San Paolo da 13 anni”: tabù sfatato in appena 45 minuti, il tempo della ripresa di Napoli-Roma che ha sancito il doppio vantaggio azzurro e il k.o. giallorosso causa/conseguenza di una crisi annunciata. La Roma tornata a casa con il Frecciarossa non può certo godersi la pausa delle Nazionali, assediata dai “compiti per le vacanze” necessari per raddrizzare tutte le storture che emergono costantemente da inizio stagione a questa parte.



Inutile ripetere quanto la rosa 2010-2011 sia competitiva e lunga in quantità e qualità. I fatti (e la classifica) dicono però che questo parco calciatori non è stato ancora capitalizzato al meglio: nelle nove uscite ufficiali solo due vittorie e cinque sconfitte, queste ultime maturate lontano dall’Olimpico, complice una difesa che ora è la peggiore del campionato con 11 reti subite, senza contare una classifica che condanna i giallorossi penultimi a cinque punti. Le difficoltà dei vari reparti emergono dal ripetuto e diversificato uso di moduli sempre nuovi da parte di mister Ranieri. Dal 4-2-3-1, biglietto da visita della passata stagione, sono state sperimentate altre soluzioni come quella del 4-3-1-2 a Cagliari, il 4-4-2 “catenacciaro” di Monaco, il 4-3-3 contro il Cluj e, dulcis in fundo, il 3-5-2 di Napoli. A quanto pare nessuno di questi ha soddisfatto le esigenze di una squadra che, mai come in questo momento, dimostra di avere bisogno di una solida difesa a quattro e, magari, di qualche esterno di ruolo (materia prima che a Trigoria scarseggia).



 

. La Roma ha cambiato il vestito troppe volte, con molta fretta e pochi risultati in un avvio di stagione da dimenticare. Tante identità, tutte traballanti e sconfessate dalle partite finora giocate, vuoi per la retroguardia incerta, le fasce senza esterni o per il raccordo tra centrocampo e attacco. Se per i lavoratori di oggi c’è il problema del posto fisso, a Trigoria si cerca un modulo fisso che possa valorizzare le individualità (tante) e la collettività (al momento poca) di una squadra in cerca di autore. Appurata la condizione fisica non ottimale e il calo di concentrazione nei secondi tempi, c’è pure da gestire un attacco ricco di nomi ma incredibilmente povero di gol (5 in campionato). La sovrabbondanza è una condizione che molti allenatori vorrebbero vivere sulla propria pelle ma che, a ben guardare, non è archiviabile con qualche cambio o turnover.



 

Il reparto offensivo giallorosso (con Baptista e Okaka riserve di lusso) conta tra le sue fila il jolly Menez, talento cristallino a volte lezioso ma dalle ampie prospettive di crescita. Il francese si è dimostrato un fiume in piena sia come trequartista che come esterno: le sue incursioni in velocità hanno mandato ai matti Chivu e colleghi. Ma la sua collocazione in campo e non meglio precisate esigenze di squadra lo hanno costretto al cambio per ben sei volte in sei partite. Poi c’è un Marco Borriello che nella Capitale ha impiegato pochi minuti per ambientarsi e tornare al suo mestiere di bomber tanto da riconquistarsi il posto in Nazionale. L’attaccante napoletano, inspiegabilmente sostituito al San Paolo, ha già fatto breccia nel cuore del pubblico romanista che, in questo momento di crisi, vorrebbe "undici Borriello" in campo. Scorgendo la lista dell’artiglieria giallorossa troviamo anche quel Vucinic genio e sregolatezza, ancora affetto da discontinuità e prestazioni ad intermittenza per poi arrivare alla scommessa Adriano che, lontano dalla sua forma migliore, è alle prese con l’ennesimo infortunio. In attesa che torni l’Imperatore della Milano dei tempi migliori.

 

E alla fine arriva Totti. Non il titolo di un film, ma la situazione del capitano giallorosso, balzato agli onori delle cronache in questo momento no dei giallorossi e da più parti individuato come uno dei "problemi" del clan romanista. Il suo contributo in queste prime giornate, nonostante corsa e grinta di un ventenne, è risultato carente, non sempre in linea con le esigenze di un reparto offensivo che chiede velocità e costanza e dove Totti non può più fare la punta dura e pura, chiuso dall’arrivo di due centravanti. Il capitano, ancora fermo a zero gol e dall’alto dei suoi 34 anni, dovrà rimettersi in discussione ed è probabile che gli sarà chiesto un sacrificio per la squadra, a partire dal suo ruolo in campo e nelle sostituzioni a partita in corso. Con buona pace di chi lo considera un intoccabile. Senza però condannarlo con sentenze sommarie come avviene in queste ore di crisi. La scorsa stagione, seppur costellata di infortuni, ha visto un capitano grintoso e prolifico con 25 reti e tanta determinazione. Nulla di irripetibile, a maggior ragione per uno degli ultimi fuoriclasse dal passaporto italiano.

 

(Marco Fattorini)