Continua a segnare. Non sente il peso dell’età, forte anche di una serenità che gli fa fare in modo naturale anche le cose più difficili. Totò Di Natale è un attaccante di razza, un genio del pallone. Senza grandi sponsorizzazioni ha costruito una carriera partendo dai vicoli del quartiere Partenope di Pomigliano D’Arco, dove fu scoperto da Lorenzo D’Amato, che tra gli altri ha avuto il merito di lanciare alcuni giocatori come Montella e Caccia, solo per fare due nomi. In un’intervista concessa in esclusiva a ilsussidiario.net, D’Amato ripercorre la carriera di Totò, iniziata con la maglia del San Nicola a Castel Cisterna: «La prima volta che l’ho visto al campo, mi sono detto: questo è un fuoriclasse. Mi ricordo che durante l’allenamento scherzava con il mister dicendo che la sua gamba valeva già un miliardo. Con il pallone gli ho visto fare delle cose sensazionali. Ha sempre visto il gioco prima degli avversari, inventando geometrie e passaggi impensabili».



A 13 anni D’Amato lo porta ad Empoli tra mille difficoltà legate alla lontananza da casa. « E’ sempre stato molto altruista: durante il provino con l’Empoli si posiziona in un ruolo non congeniale per “favorire” un altro ragazzo (siciliano) che gli aveva chiesto un aiuto. Totò è un bravissimo ragazzo che è nato solo per giocare al calcio». Dopo due mesi scappa dal ritiro dell’Empoli: « Mi fanno andare a scuola, ma io voglio giocare a calcio».



Sette mesi più tardi D’Amato lo convince a ritornare a Empoli. Lì inizia la sua trafila fino alla Primavera dove si ritrova in coppia con un certo Luca Toni. Poi il prestito nelle serie minori: al Liberzola, al Varese, al Viareggio e, infine, il ritorno all’Empoli, anche se il club toscano non era poi così convinto delle qualità del ragazzo: «Mi opposi – racconta D’Amato – al suo trasferimento; volevano cederlo in presto alla Lucchese in cambio di Tarantino. Dissi chiaramente che potevo portarlo in un’altra squadra e così fu confermato». In questi anni ha costruito il suo successo, dimostrando di volta in volta un grande attaccamento alla maglia. «Si è sempre innamorato del posto dove si trovava, non ha mai giocato per soldi. L’ha fatto vedere anche quest’estate quando ha rifiutato la Juventus. A Udine si diverte e a Torino non deve dimostrare più niente».



 

La serenità di un calciatore è data anche dalla presenza di una moglie (Ilenia) conosciuta a 19 anni, ai tempi dell’Empoli, quando ancora non era nessuno. «In quel periodo la famiglia della futura moglie gli fu molto vicina nei momenti bui: dopotutto era un attaccante del settore giovanile senza una grande disponibilità economica e costretto a vivere lontano dagli affetti». Come tanti altri napoletani, Di Natale non ha avuto la fortuna di giocare con la casacca del Napoli, anche perché «i napoletani diventano forti fuori dalla Campania. Lì c’è troppa pressione, c’è troppo casino. Il Di Natale calciatore nasce nella tranquilla Empoli».

 

D’Amato oggi prosegue la sua attività di talent scout per l’Empoli (ha 12 i giocatori campani nel settore giovanile) ed è responsabile della scuola calcio di San Nicola (gemellata con l’Empoli) a Castel Cisterna che fa crescere – a 7 km da Napoli – 300 piccoli allievi ogni anno. Una realtà all’avanguardia in stretto collegamento con l’Empoli che, una volta al mese, organizza degli stage per gli allenatori. L’Empoli da tanti anni e, soprattutto, con uno staff collaudato investe molto nel settore giovanile, a differenza «del Napoli o delle grandi squadre che vanno a comprare i giocatori già affermati; è più difficile scovare un ragazzino a zero lire per farlo diventare un calciatore: ci vuole un colpo di genio».

 

Orgoglioso dell’amicizia con il presidente toscano Fabrizio Corsi, D’Amato fa il punto anche sulla carenza di strutture: «Al Nord ci sono le strutture, al sud c’è tutto (un po’ come il Brasile per la passione e per il fatto che il calcio è fatto per gente che ha fame) ma mancano i mezzi. Noi, ad esempio, versiamo 30mila euro per la convenzione con il Comune e oltre a questo dobbiamo sostenere le spese di consumo degli impianti. Ma ci vogliamo chiedere davvero come viene valorizzata l’attenzione al sociale?». Nel frattempo ancora oggi quelli che potrebbero essere i futuri Di Natale si presentano al campo con una borsa di plastica (e niente di più) per coltivare un sogno.