Premessa non fondamentale: io tifo per il Grifo (e faccio pure le rime, sono poeta, romanziere, saltimbanco, ma questo non è essenziale). Solo per chiarire che l’obbiettività qui non è garantita, né dovuta. Oggi si gioca il derby di Genova, in casa, per il calendario c’è la Sampdoria, in trasferta il Genoa. È un derby un po’ in tono ridotto, non c’è più la tremendità calcistica riversata in campo dal gioco frenetico di Gianpiero “Gasperson” Gasperini (parte Genoa) e dalle magie nervose di Antonio “Fuori di melone” Cassano (parte Samp). Stesso destino per entrambi, cestinati dai rispettivi presidenti. Gasperson perché il ciclo era finito e l’antipatia tra lui e Preziosi era diventata ormai un muro spesso e invalicabile.



Ci potevano pensare prima a lasciarsi, ma l’amore è così, alla fine si trascina, quasi che pensasse di poter recuperare la passione perduta. Diverso, ma altrettanto traumatico, l’addio tra Garrone e FantAntonio, condito dal repertorio di insulti che i ragazzi di Bari Vecchia si scambiano come auguri di Natale. Il vecchio buon borghese Garrone non ha apprezzato lo show. Cassano se ne andrà. Un derby un po’ così, di transito, ma, se aveste la fortuna di entrare al Ferraris (Luigi, centromediano del Genoa morto da eroe durante la Grande Guerra) il colpo d’occhio, le coreografie, l’urlo della folla vi trascinerebbero in una dimensione mai provata altrove.



Non c’è derby più derby di quello di Genova, vissuto, respirato, ascoltato, sostenuto da sentimenti forti. Solo per palati particolari. L’emozione è garantita anche in serie B, in Coppa Italia, in partite non esaltanti, anche quando si arriva, come in questa sfida pre-natalizia (mai derby così vicino al Santo Natale che sarà meno bello per una delle due parti in causa), con le batterie scariche e carichi di problemi. Anche se in tono minore, il derby di Genova è poesia, canzone, Fabrizio De Andrè e Bruno Lauzi, mare e monti, bosco e riviera, macaia e entusiasmo.



 

È come Genova, scorbutico, dà confidenza solo a chi lo sente dentro, a chi si coinvolge, a chi non fa lo gnorri. È il derby che s’accende sempre, che regala emozioni anche ai vecchi, cinici e bari come me. Dal primo che ho visto allo stadio, nell’autunno del 1973 (e voi neanche eravate nati) con Mario Corso (Genoa) che camminava come un lord e Giovanni Lodetti (Samp) che correva come uno scugnizzo – e finì aschifio per il Grifo – all’ultimo sul campo, nel 2008, con Diego Milito che faceva sfracelli.

 

 

Dal mio punto di vista, un filo lega Corradi e Derlin a Pruzzo e Damiani, a Branco e Aguilera, a Francioso e Scoglio, a Milito e Rossi. E gli allenatori, da “Sandokan” Silvestri a Simoni, da Bagnoli a Scoglio, fino a Gasperini. Per gli altri sarà lo stesso e citeranno i loro nomi, le loro storie. Ma tutti ci sentiremo parte di qualcosa di speciale, di qualcosa di mai banale.

 

Anche in una notte gelida come questa, con la tramontana che soffia nella valle del Bisagno. Anche in un momento di passaggio come questo, anche senza Gasperson e Cassano. Perché i giocatori e gli allenatori passano ma il Genoa resta. E anche la Sampdoria. Mi verrebbe da aggiungere purtroppo, ma senza non ci sarebbe il derby. E invece il derby è qui. E dalle 20.45 nu me rumpì u belin.