I tifosi juventini dopo le note dolorose di questa stagione si stanno con ogni probabilità chiedendo che cosa possono attendersi nell’immediato futuro. In teoria la corsa all’ultimo posto disponibile per la champions league è ancora possibile e di certo sarà giusto provarci fino alla fine, ma quello che si è visto finora, qualsiasi sarà l’esito del campionato, basta per rendersi conto che occorre una mezza rivoluzione. Molti giocatori importanti hanno reso al di sotto delle aspettative e se la Juve vuole ritornare grande non può pensare che l’attuale rosa sia completa. Se questa è la premessa bisogna solo capire se la società Juventus sia in grado di finanziare una nuova campagna acquisti e se si di che dimensione, ma andiamo con ordine e facciamo un po’ di utile (come vedremo) riassunto delle ultime puntate.
La juve entra in B con pochi debiti e ne esce a giungo 2007 con tanti soldi a disposizione. La retrocessione spinge la società a una massiccia campagna di cessioni tra cui segnaliamo: Ibrahimovic (25milioni), Emerson (16milioni), Zambrotta (14 milioni), Vieira (9,5milioni), Mutu (8 milioni), Cannavaro e Thuram (7,2 e 5 milioni). Siamo a circa 85 milioni di euro di incassi, che probabilmente sarebbero potuti essere un po’ di più, ma come noto quando il venditore è alle strette il compratore ha vita facile.
La stagione si conclude con la promozione in A: la società è solida e non ci sono debiti: si può ricostruire. Secondo una nota regola di strategia aziendale per recuperare uno svantaggio competitivo ci sono due modi: più tempo o più soldi dei concorrenti. Nel primo caso possiamo estremizzare nelle società che hanno una grande primavera, che investono su tanti giovani, che vanno a guardare meglio e con più competenza fuori dal radar dei più ricchi, che si prendono dei rischi e piano piano costruiscono una base solida (la Roma?). Nel secondo i nuovi arrivati che mettono sul piatto centinaia di milioni e strappano a suon di milioni i migliori in mezza Europa (Il Chelsea? Il Manchester City?). In mezzo c’è la storia di chi ha vinto in Europa negli ultimi anni: un mix delle due cose. Questa piccola premessa è importante per capire i passaggi che hanno portato la Juve fino a oggi.
La Juve è in A, deve rafforzarsi e mette sul piatto quasi 55 milioni di euro: Andrade (10 milioni), Almiron (9 milioni), Tiago (13 milioni), Iaquinta (11 milioni), Sissoko (11 milioni). Ancora un po’ di cessioni: Balzaretti e Miccoli (circa 8 milioni). Se dovessimo scegliere tra i due estremi di cui sopra siamo con ogni probabilità nella strategia “dei piccoli passi”, nessun nome di grido ma decisamente, nelle speranze della società, tanti buoni/ottimi giocatori in grado di rendere la squadra solida e competitiva per la zona champions. Il fatto che non tutti rendano secondo le aspettative in questo senso può essere considerato un incidente di percorso per una squadra che deve ricostruire dalle fondamenta. In ogni caso dopo un anno di B la società fa il massimo possibile e si classifica terza raggiungendo al primo anno di A la zona Champions.
In questa stagione c’è un salto di qualità e arriva il nome importante (decisamente lo era). Altri 33 milioni per la campagna acquisti tra cui spicca Amauri (23 milioni) a cui si aggiunge Poulsen (10 milioni). Tra le cessioni praticamente solo Nocerino (7.5milioni). Sempre dovendo scegliere tra i due estremi siamo ancora decisamente nella strategia 1 a parte la ciliegina “Amauri”. Tutto finisce ancora nel migliore dei modi e la Juventus arriva seconda dietro un’irraggiungibile Inter che in Italia non ha rivali. L’unica nota negativa arriva dai conti che si chiudono in rosso per 20 milioni dopo il pareggio dell’anno precedente (crescono gli stipendi e arriva qualche elemento negativo non previsto).
L’anno in corso si apre con il botto. La juve vince un’agguerrita concorrenza europea sia per Diego che per Felipe Melo. In totale quasi 50 milioni di euro (25 per Diego e 25 per Melo), a cui si aggiungono Grosso (2 milioni) e Cannavaro a parametro zero. Alla voce cessioni meno di dieci milioni in tutto per Marchionni, Mellberg e Zanetti. La società dà un colpo sull’acceleratore e ha in teoria una squadra top level in Italia, che le dovrebbe permettere di fare una buona figura in Europa. Il Milan è ridimensionato, la Roma non spende soldi veri da anni e l’Inter quest’anno punta forte sulla coppa. (nemmeno il Milan di Kakà, Pirlo, Seedorf Nesta è riuscito a vincere scudetto e coppa nello stesso anno anzi si è scottato quando ha provato a portare a case tutte e due le competizioni).
Lo scudetto non è più una parola taboo. Oggi possiamo dire che la situazione è molto meno felice di quanto si sperasse e che con ogni probabilità si è sbagliato di grosso a credere di aver già concluso con successo la prima parte del lavoro: un gruppo solido di ottimi giocatori (che nella peggiore delle ipotesi conquista comunque la zona champions) a cui aggiungere i/il campione. Dopo la campagna cessioni del 2007 la Juve ha messo sul piatto in tre anni quasi 120 milioni di euro per rifare la squadra (i saldi netti tra acquisti e cessioni sono 32 nel 2007, 33 nel 2008, 52 nel 2009). Sono numeri importanti e sicuramente uno dei primi 2/3 budget della serie A.
La cassa c’è ancora (10 milioni), ma contando debiti e crediti per le campagne acquisti ci sono netti circa 25 milioni di euro ancora da pagare. Quindi, riassumendo, è impensabile che la situazione attuale permetta di replicare nei prossimi tre anni lo sforzo fatto nei tre precedenti. O si rinuncia al sogno scudetto nell’immediato futuro e ci si attrezza con quello che si ha per conquistare con continuità nei prossimi anni almeno un posto nella coppa che conta, oppure Exor dovrà mettere mano al portafoglio. Uno scenario poco piacevole per gli Agnelli in questi anni di crisi e forse anche poco probabile. Ovviamente nulla toglie che questi giocatori si trasformino improvvisamente in una corazzata in grado di vincere una competizione piena di concorrenza come il campionato, ma sinceramente si tratterebbe di un esito assai improbabile. La Juve quindi, in un certo senso, può solo ricominciare da capo ripartendo con il buon senso e la pazienza con cui aveva fatto così bene, magari con altri amministratori.