Una vicenda surreale, possibile soltanto in una città abituata agli eccessi dialettici come Firenze. Dalla guerra sotterranea ai dispacci ufficiali: prima quello del patron Diego Della Valle, che annuncia il suo disimpegno dalla Fiorentina e denuncia chi vuole destabilizzare l’ambiente; subito dopo quello di Cesare Prandelli (il presunto destabilizzatore) che spariglia nuovamente le carte e ribadisce l’intenzione di restare. In mezzo Andrea Della Valle, pronto a rientrare come presidente e, soprattutto, la persona cui la società viola dovrà presto affidare i propri destini. Perché in questo dialogo tra sordi a suon di dichiarazioni pubbliche (con curiosa alternanza delle testate sportive scelte…) toccherà al più giovane della famiglia cercare di non mandare all’aria il progetto viola.
Diego non vende, però si è stufato. Stanco delle titubanze dell’amministrazione che frenano la sua voglia di mattone legata al progetto Cittadella dello sport. Rassegnato nei confronti di una città che non sembra apprezzare fino in fondo tutti i suoi sforzi. Offeso per il modo in cui il Palazzo (casi Ovrebo e Rosetti) non è stato attento ai destini della sua squadra. Certo, è un atteggiamento singolare per chi, in questi anni, non ha incassato una contestazione che fosse una dai tifosi e per chi si è ritrovato prima ripescato in serie B, dopo aver saltato a piè pari la C1, e poi gratificato di uno spareggio propedeutico al ritorno in una serie A allargata, giusto due anni dopo aver preso la società dal fallimento Cecchi Gori (con tanti saluti a Enrico Preziosi, l’altro pretendente beffato dopo essere stato chiamato in fretta e furia dalle Maldive).
Ma la sostanza non cambia: Diego fa un passo indietro e ora il cerino è in mano al fratello Andrea. Che, innanzitutto, dovrà gestire la questione Prandelli. L’allenatore dice di voler rimanere senza dubbi perché ha capito di essere legato mani e piedi dal contratto in scadenza 2011: o la società lo licenzia consentendogli di andare alla Juventus (ma il club bianconero sta già cercando alternative) oppure rinnova l’accordo. E che dopo dovrà affrontare la questione tecnica, sia pure gestita da un esperto di mari in tempesta come Pantaleo Corvino. Perché Diego non sgancerà più un euro e il club dovrà completamente autofinanziarsi, come fatto da Silvio Berlusconi con il Milan. Quindi: una cessione eccellente all’anno, sulla falsariga dei 25 milioni ottenuti dalla Juventus per Felipe Melo, e spazio ai giovani e ai parametri zero. Non è un ridimensionamento, assicurano da casa viola, ma parecchio gli assomiglia.