Con il suo lavoro nell’ombra ha permesso a un’intera città di gioire per uno storico traguardo (il ritorno in serie B dopo 33 anni), con il suo lavoro vuole continuare a far sognare l’intera città. Il Novara calcio deve molto al suo direttore sportivo Pasquale Sensibile, cresciuto alla scuola della Juventus, che spiega così una stagione trionfale: «La proprietà voleva disputare un campionato al vertice e così grazie al mister Tesser e all’impegno di tutti i giocatori abbiamo risvegliato una città sopita». Con la sua intelligenza ha plasmato una squadra competitiva, scommettendo anche su giocatori (vedi Nicola Ventola), che tutti ormai davano per dispersi. Il compito più difficile era, forse, quello di coinvolgere tutto il gruppo in questo percorso, magari ridando gli stimoli giusti a calciatori che non attraversavano un buon periodo o che in altri contesti avrebbero fatto fatica a recitare la parte dei protagonisti. «E’ fondamentale da questo punto di vista avere una società solida, perché nel bene e nel male nasce tutto dall’alto. C’è un centro sportivo, Novarello, che è un fiore all’occhiello e c’è una società che paga regolarmente gli stipendi. Una società che risolve i problemi e a chi solleva i capricci, risponde che i capricci non sono ammessi».



Capita anche che in una città e in una Regione dove domina il vento della Lega Nord, lo sport, in calcio in questo caso, possa essere sinonimo di un’integrazione riuscita. Ecco allora che l’idolo dei tifosi diventa il portiere albanese Samir Ujkani (in prestito dal Palermo), perché «il Novara vuole lanciare messaggi positivi. La società ha una filosofia capiente e chi la capisce fa bene, al di là di quelle che possono essere le ideologie». La programmazione paga soprattutto se alle spalle c’è una dirigenza lungimirante che ha investito e ha intenzione di investire molti soldi nel mondo del pallone. Alla base di questo piccolo grande risultato c’è un’intuizione che ha portato i principali attori di una città (nell’ambito sportivo, istituzionale ed economico) a sviluppare un’unità d’intenti, «un’idea innovativa». E’ così che il Comune e la Banca di Novara hanno sposato le idee del Novara calcio. «Le situazioni – sottolinea Sensibile – sono determinate dagli uomini, in questo caso dalle capacità degli uomini di vertice. La collaborazione è stata cementificata in virtù del buon senso».



Per certi versi queste dinamiche ricordano quanto è stato fatto dalla Banca Monte dei Paschi con il basket: «Non conosco le dinamiche del basket, ma posso dire che anche nel calcio c’è l’esempio di Siena. Al giorno d’oggi, del resto, da soli si può fare ben poco». E ora si guarda al prossimo campionato cadetto. «Il Novara – afferma il Direttore sportivo – ha grandi disponibilità economiche, ma non bastano i soldi per vincere. Per il rispetto che si ha dei soldi investiti si impongono delle regole di buon senso per far restare in piedi il progetto. Ecco perché l’anno prossimo il primo obiettivo sarà quello di adeguarsi subito alle normative della serie B. Ci attende un campionato difficile, ma l’inerzia e l’entusiasmo della promozione ci permettono di guardare avanti con fiducia». Per ricostruire la storia di Sensibile bisogna andare a Verona quando ricopriva l’incarico di responsabile dell’area tecnica e carpiva i segreti dell’arte di Giambattista Pastorello. Nasce come osservatore e ha sempre avuto il pallino di diventare direttore sportivo, ma a un certo punto c’è stata una telefonata che gli ha fatto cambiare temporaneamente il percorso professionale. «Quando, a 36 anni, mi è arrivata la proposta della Juve come capo degli osservatori, non ho saputo resistere anche perché comunque avrei lavorato a stretto contatto con il direttore sportivo».



 

Non è uno che sgomita o cerca le luci della ribalta, ma nella Vecchia Signora (è arrivato con Deschamps ed è stato allontanato senza grandi motivazioni nel marzo 2008, anche se preferisce non tornare sull’argomento) ha svolto un ruolo attivo in alcune operazioni come quella di Ekdal. Aveva poi il compito di gestire le informazioni che arrivavano e, quando richiesto, di esprimere pareri sui possibili acquisti, così ad esempio è successo con Sissoko e con Mellberg. Fra i ricordi bianconeri inserisce con orgoglio anche il nome di Poulsen: «Sono ben contento di averlo preso, perché bisogna saper valutare il momento storico. Quella Juve stava tentando di ricostruirsi e diceva in continuazione che non aveva grandi possibilità economiche. Il danese giocava nel Siviglia e rappresentava un buon compromesso tra qualità e prezzo. Ranieri, inoltre, stava sviluppando il gioco della Juve sulle fasce con Camoranesi e Nedved e in mezzo al campo aveva bisogno di grande sostanza». Tra le righe non risparmia critiche all’attuale dirigenza, quando sostiene che si deve aver chiaro il bisogno prima di scegliere: «D’Agostino non è Felipe Melo. E io, ribadisco, non ho scambiato Poulsen per un fantasista». Dopo la Juventus ha svolto l’incarico di vice direttore sportivo a Palermo con Walter Sabatini, dove ha continuato a seguire in forma meno diretta l’attività di scouting sviluppata alla Juventus: «Alla Juve avevo un budget a disposizione che mi ha permesso di portare avanti alcune idee e, soprattutto, mi ha permesso di essere conosciuto a latitudini impensabili e di far crescere nel tempo alcuni contatti». Nel marzo 2009, terminato il corso di Coverciano, è stato contattato dal Novara e ha capito che «era arrivato il momento di camminare con le mie gambe; ho chiesto la disponibilità del presidente Zamparini e ho accettato la proposta». L’esperienza è servita.

 

(Luciano Zanardini)