Alessandro Barbalich è  stato un agente di basket internazionale e ora ricopre il ruolo di team manager della Scavolini-Spar Pesaro, storico club di serie A. Ha lavorato sia a Mosca che a Madrid, ha collaborato per la ristrutturazione societaria, di vari club e ha firmato alcuni dei contratti più importanti della storia della pallacanestro europea come Carlos Delfino, Maciej Lampe e Viktor Khryapa. Dal 2006 insegna “Sports Marketing and Management” presso la State University of Management di Mosca. Con lui abbiamo parlato della Scavolini, squadra della quale è dirigente, ma anche di basket italiano ed internazionale, focalizzando l’attenzione sulle giovani promesse e sulle prospettive della pallacanestro nel nostro paese.



Cominciamo con le condizioni di Dusan Sakota (giocatore che in seguito ad uno scontro di gioco ha subito due operazioni chirurgiche, ora ricoverato n.d.r.). Come sta reagendo?

Dusan sta reagendo abbastanza bene, più o meno tutto come previsto, con alti e bassi. Il cammino di recupero sarà comunque lungo. La stagione della Scavolini Spar è stata a dir poco tribolata e imprevedibilmente piena di infortuni.



Qual è il tuo bilancio? Cosa c’è da salvare della Vuelle 09-10?

Da salvare sicuramente il gruppo, dei ragazzi stupendi con cui lavorare è stato un piacere, questi giocatori non hanno mai mollato nemmeno durante momenti difficilissimi. Altra cosa da salvare è, senza dubbio, il pubblico. Chi ci ama nei momenti difficili ha tirato fuori il carattere. I tifosi non sono mai mancati quando dovevano esserci e avevamo bisogno di loro. Sia il gruppo che il pubblico meritano sicuramente di più.

Questa Scavolini 2009-2010 è una squadra da lotta salvezza oppure, come dicono in tanti, aveva i numeri per fare tutto un altro campionato?



Secondo me avrebbe avuto numeri per fare un altro campionato, e sarebbe bastato veramente poco, viste le distanze in classifica. Purtroppo, per una serie di fattori, non ci siamo riusciti, ma il fatto di non aver preso scarti enormi da nessuno durante tutto il campionato sta a testimoniare la qualità del lavoro.

A tuo avviso quali sono le oasi felici del basket in Europa? Quale il ruolo dell’Italia?

Bisogna vedere cosa si intende per oasi felici. Barcellona è un’isola felice ma lì hanno un certo tipo di investimento economico sul basket (impensabile in Italia). Per me un’isola felice è quella che fa bene con quel poco (o molto) che ha, senza spendere troppo quest’anno e fallire l’anno dopo. Di questi tempi mi sembra già molto. Non conosco tutte le realtà, quindi mi sembrerebbe scorretto citare qualcuno e lasciare fuori qualcun altro.

Nel campionato italiano si è assistito ad un dominio assoluto della Montepaschi Siena. E’ possibile ipotizzare nell’immediato futuro una o più squadre che possano essere delle vere anti Siena? Quali?

La differenza di Siena non la fanno solo i giocatori che fanno canestro. Ma la fa soprattutto chi sta a monte. Dirigenti, allenatori, scouts. Senza una struttura non ci sarà programmazione: avere i soldi è inutile se poi si spendono male. In questo momento non mi viene in mente una anti-Siena, senza offesa per nessuno, anche se i cicli tendono poi a finire.

Quali i migliori giovani talenti del nostro campionato?

 

Pochi, purtroppo. Mi piacerebbe vederne molti di più in circolazione ma non succede. Discorso troppo lungo e articolato per affrontarlo qui. Mi piace Chessa di Biella, Gentile di Treviso, Polonara di Teramo, per citarne alcuni. Qualcuno è già uscito, altri lo faranno più in là.

 

Le nuove regole su tesseramenti e nazionalità dei giocatori per la stagione 2010-2011 rappresentano un problema o un’opportunità per le squadre italiane?

Credo non cambi poi granchè. 3+2 o 2+4 non è una grande differenza. Rimane il fatto che noi siamo maestri nel mettere in piedi cose difficili.

 

 Pesaro possiede uno dei tre palasport italiani con una capienza di 10.000 unità. Potrebbe forse essere sfruttato in modo migliore l’appeal mediatico della Scavolini? Come coinvolgere maggiormente una città che, nonostante tutto, continua ad amare il basket?

Sull’amore di Pesaro per il basket non si può e non si deve dubitare. Un palasport da oltre 10.000 posti è difficile da riempire quando vinci, figuratevi se non lo fai con continuità. Purtroppo il fatto che i palasport non siano di proprietà rende tutto molto più complicato. Molte volte noi dobbiamo allenarci fuori Pesaro perchè il palasport è occupato da eventi o concerti, salvo poi ritornare a giocare la domenica al palas. Cosa che, per una squadra di serie A, è sinceramente difficile da spiegare o capire. Se il palas fosse nostro avremmo molte più possibilità di sfruttarlo anche a livello di marketing e merchandising interno, ma purtroppo non è così e quindi amen. Discorso chiuso.

 

A fine stagione la Scavolini Spar subirà un avvicendamento dei vertici societari. Puoi dirci qualcosa in merito al futuro del Vuelle? Pensi di rimanere in biancorosso?

Sono stato impegnato in altre cose (lotta salvezza e Sakota) e devo ammettere di essere rimasto un po’ indietro sugli avvicendamenti societari. Lascio a chi di dovere il compito di fare il proprio lavoro. Se rimarrò? io ho contratto, ma ho messo in conto che chi subentrerà potrebbe decidere di fare piazza pulita. Il mio cuore e la mia famiglia sono qui, ovvio che mi piacerebbe rimanere.

 

Tu sei molto stimato e ben voluto dai tifosi pesaresi. Non pensi che bisognerebbe rivalutare il rapporto dirigenti-tifosi? Quali vantaggi si potrebbero trarre?

Il basket ha in gran parte una tifoseria sana. Difficilissimo vedere incidenti. Le famiglie vengono a vedere il basket. E’ un patrimonio che non possiamo assolutamente perdere e io sono per il dialogo assoluto con i tifosi. Che ognuno faccia il proprio lavoro, ma a me piacerebbe che il nostro fosse uno sport “a porte aperte”, dove le scuole, le famiglie e i centri minibasket avessero libero accesso alla squadra, agli allenamenti ecc. Troppo spesso succede che la squadra è un’entità aliena al territorio e al sociale. Noi quest’anno abbiamo cercato di fare qualcosa, l’anno prossimo mi piacerebbe fare ancora di più.

 

Il movimento basket è attivo e vive di passione. Secondo te l’Italia non lo trascura un po’ troppo? Cosa servirebbe, in più, per ridare spazio e attenzione a questo sport?

Probabilmente l’Italia lo trascura troppo perchè noi non facciamo molto affinché non venga trascurato. Parlo a livello di Federazioni, Leghe ecc. Prendi il caso di Napoli, esempio lampante di cattiva gestione. Io dico che per essere aiutati bisogna, prima di tutto, aiutarsi. Il danno è stato fatto prima, ossia quando vincevamo, sia a livello di club che di nazionale: secondo me è lì che è stato fatto troppo poco in fatto di programmazione generale. Prendiamo esempio dal traino che ha avuto il titolo mondiale del 2005 in Spagna e confrontiamo quello che è stato fatto. Da vergognarsi.

 

(Marco Fattorini)