FINALE CHAMPIONS LEAGUE – Giù il cappello, e basta. José Mourinho ha disegnato una stagione straordinaria – Supercoppa esclusa – e taglia il traguardo più atteso, per una tripletta mai ottenuta da una squadra italiana. Quello per cui Massimo Moratti l’aveva chiamato all’Inter, quello che il popolo nerazzurro attendeva con maggior fame, dopo 45 anni di digiuno tra la coppa dei Campioni che fu e la Champions League di oggi.
Un compito assolto da padrone dell’Europa, dopo aver fatto dell’Italia il proprio orticello di successo. Dimenticata la fase a gironi affannata. Quando si è trattato di giocarsi tutto nell’arco dei 180 o 90 minuti, i nerazzurri sono stati implacabili e contro avversarie di rango eccellente, Cska escluso: il Chelsea di Carlo Ancelotti, il Barcellona di Pep Guardiola, il Bayern di Louis Van Gaal. Tutte piallate, anche chi – come i catalani – aveva fatto in precedenza il fenomeno contro l’Inter. Un trionfo tattico, soprattutto. Mourinho ha vinto come piace a lui, con una squadra coperta e micidiale nelle ripartenze, potendo contare su un terminale devastante come Diego Milito. E il Principe non si è smentito: dopo la rete decisiva in coppa Italia, dopo il gol che ha fissato lo scudetto a Siena, ecco la doppietta che pone i nerazzurri sul tetto d’Europa per la terza volta nella loro storia.
La conferma, se qualcuno ne avesse ancora sentito l’esigenza, della bontà del mercato dell’Inter quando si è trattato di dover cedere (volentieri…) ai mal di pancia di Zlatan Ibrahimovic, facendo spazio a Milito in collaborazione con Samuel Eto’o. Mercato che torna comunque prepotente, perché lascerà poco tempo a Massimo Moratti di riassaporare la gioia che gustava quando – da ragazzo – vedeva suo padre Angelo dominare in Europa. Non solo dovrà dare una degna successione a Mourinho, la cui bravura hanno già potuto cominciare a godere in diretta a Madrid (e per l’Inter torna prepotente un’ipotesi legata a un altro grande vincente come Fabio Capello). Il presidente dovrà anche fare i conti proprio con il suo giocatore simbolo, perché Milito ha avuto parole da interpretare nella notte della felicità più sfrenata:«Il futuro? Non lo so, nel calcio non è mai certo…