Una giornata di campionato infiammata dalle polemiche per Lazio-Inter, partita che ha generato molte discussioni per l’atteggiamento dei tifosi biancazzurri e il loro incitamento in favore della squadra nerazzurra. Tifare contro per evitare che la squadra rivale, appunto la Roma, vincesse lo scudetto. ne abbiamo discusso con Xavier Jacobelli, ex direttore di Corriere dello Sport e Tuttosport, attualmente direttore di Quotidiano.net.
Jacobelli, monta la polemica per Lazio-Inter di ieri sera. Cosa si poteva fare per evitare almeno in parte quello che è successo all’Olimpico?
Innanzitutto la prima cosa da fare era mantenere la contemporaneità delle partite di campionato. A tre giornate dalla fine sarebbe stato necessario. Ma così non è stato fatto per le solite esigenze televisive. Il presidente della Lega Calcio Beretta dice che non c’entra niente con quello che è successo, ma io non ne sono convinto…
Oltre alla Roma sono state danneggiate altre squadre, come l’Atalanta…
L’ Atalanta non ha mai avuto santi in paradiso e anche loro sono stati danneggiati. Però se andrà in serie B sarà anche perché non ha meritato sul campo la salvezza.
E l’Inter?
L’Inter per me non ha nessuna colpa. E’talmente più forte in questo periodo e ha una carica talmente grande che per chiunque è difficile affrontarla. Così era anche per la Lazio.
Ma i tifosi della Lazio avevano poco interesse che la loro squadra vincesse…
Fa parte di quella mancanza di cultura sportiva che c’è in Italia. Tanti tifosi vanno allo stadio per tifare contro. Così quelli della Lazio avevano soprattutto interesse che il risultato dell’Olimpico non avvantaggiasse la Roma.
Mondonico ha però detto che se fosse successo ad altre squadre i tifosi si sarebbero comportati allo stesso modo…
Credo anch’io così, in Italia il campanilismo è molto sentito, le rivalità tra tifoserie sono enormi. Quindi si finisce per gioire di più per una sconfitta degli avversari che per una propria vittoria.
Cosa manca al calcio italiano?
Manca proprio questa cultura dello sport, manca quello che nel rugby è chiamato terzo tempo. C’è una diseducazione che parte fin dai tornei minori, la Federazione e la Lega dovrebbero pensare non soltanto ai diritti televisivi ma anche ad educare i più giovani, le stesse scuole calcio, per un insegnamento dei valori dello sport.
Playoff e playout potrebbero essere una soluzione?
Sarebbe meglio certamente. Ma intanto bisognerebbe trovare lo spazio per per far entrare playoff e playout nel calendario. In questa stagione, per esempio, non ci sarebbe stato il tempo, visto che i Mondiali partiranno tra un mese. Lippi non ha quasi neanche il tempo di fare uno stage con i probabili convocati per Sudafrica 2010.
Cosa bisognerebbe fare?
Bisognerebbe cominciare i campionati prima. Bisognerebbe ridurre la serie A a 18 squadre e la serie B a 20 squadre. Ma penso che questo non succederà. Ci sono troppi interessi economici che i presidenti vogliono salvaguardare.
La serie B tra l’altro non naviga in una buona situazione economica…
In questo senso è triste vedere come sono vuoti gli stadi dove giocano alcune squadre di serie B. Il torneo cadetto si trova veramente in una situazioni difficile
E’ un problema italiano?
Certo, perché in Inghilterra la cultura sportiva esiste. Prendi il caso del Portsmouth, squadra miseramente fallita e ormai destinata alla serie B. I suoi tifosi la seguono e la applaudono lo stesso. I giocatori onorano la maglia, tanto è vero che hanno raggiunto la finale di Coppa d’Inghilterra.
Quindi cosa deve succedere?
Lo ripeto: bisogna insegnare la cultura sportiva che in Italia manca: si va dal razzismo, alla violenza negli stadi, al tifare contro. Questa è una delle prime cose da fare.
(Franco Vittadini)