CALCIOMERCATO MILAN – Garcia Marques potrebbe farci un bel racconto: il cavalier Berlusconi, la politica, la finanza, il Milan e i cronisti sportivi disattenti. C’è stupore, irritazione o entusiasmo (a seconda dei casi personali) per il rush finale del premier-presidente nella campagna del calciomercato estivo. La risposta di un uomo molto attento alle cose berlusconiane, come il finanziere-editore Tarak Ben Ammar, è sempre immaginifica e sempre uguale da due anni a questa parte: “Nothing of news on the West Front”. Cioè, niente di nuovo sul fronte occidentale, il libro cult di Remarque, diventato una grande metafora della vita. Silvio Berlusconi non è un “politico di razza”, ma è un grande esperto di marketing e di commerci. E da quando la politica è passata, per dirla alla Cossiga, “da Shakespeare ai Baci Perugina”, il Berlusca è diventato in Italia come il “migliore” ed è capace di scombussolare tutto il “quadro”, come si diceva un tempo, con incursioni, ripartenze e contropiedi micidiali. L’acido cronista sportivo del Corriere della Sera (che a stento colpisce la palla con la punta del piede) ha riscoperto la sinergia calcio-politica, o calcio-consenso nella campagna acquisti del cavaliere, dopo aver predicato per anni il ridimensionamento milanista. Per tutta l’estate, da “Sky” a Telelombardia, si sono costruite trasmissioni ad hoc, quasi irridenti, per dimostrare che Berlusconi era ormai in uscita dal calcio (le bizze di Marina e Piersilvio) e in distonia profonda con il Milan. Poi, con una virata improvvisa, tutti quanti hanno cominciato a fare una improvvisa retromarcia: ha comprato Ibrahimovic ? Si va a votare entro quattro mesi; compra anche Robinho? Sono pronte le urne. In realtà non si può giudicare in modo così schematico Berlusconi. Il cavaliere è veramente un personaggio complesso di questa confusa epoca italiana. Lui non è “innamorato” della vecchia “aristocrazia” politica, ma è un devotissimo discepolo del successo e del successo-potere. Ma a tutto tondo: nel fare imprenditoria, nell’essere protagonista dei “circenses”, nel contare nel mondo della finanza e di quel “salotto”, un tempo “buono”, che lo ha sempre respinto, nel dimostrare che oggi la politica è una sorta di azienda, neppure tanto complessa a suo giudizio, da far funzionare bene. Nella sua visione di successo il cavaliere è molto attento che tutte le componenti vadano bene, anche se qualche volta occorre “tirare il fiato”.



 

Finché sarà suo "Il Milan deve andare bene". La squadra può avere momenti di pausa, deve necessariamente guardare il bilancio secondo le nuove normative Uefa, che molti hanno scoperto solo quest’anno. Può essere anche oggetto di un nuovo assetto proprietario da calibrare nel tempo. Ma nella sostanza, il "Milan deve andare bene". Del resto, per i "ludi", si sono indebitati a suo tempo Licinio Crasso, Giulio Cesare e Pompeo Magno, figlio di Pompeo Strabone. Figurarsi se Berlusconi non conosce queste regole, non dico i personaggi della antica repubblica romana. Quindi, durante questi due anni, dopo aver sostenuto vari attacchi di carattere giudiziario, vari e improvvisi "ripensamenti" dei suoi alleati, variegate dichiarazioni di "signore e signorine" di bella presenza e di complicata moralità, attacchi dalla sua stessa ex-sposa e dai vecchi nemici coinvolti nella "guerra di Segrate", cioè l’affare Mondadori", Berlusconi ha cercato di respirare sul Milan, cercando anche qualche appoggio (russo, arabo o italiano) per il futuro assetto proprietario. Si aggiunga che, in materia calcistica, l’accoppiata Romano Prodi-Guido Rossi (con la consulenza dell’impareggiabile Borrelli) l’aveva anche colpito duro con la questione, piuttosto confusa, di "calciopoli". Il cavaliere ha eretto una sorta di linea Maginot, più intelligente di quella dello sfortunato generale Gamelin, e ha resistito. Poi, sotto traccia con l’abilità del venditore, ha cominciato il suo contrattacco. Sistemata provvisoriamente la politica, cementata la sua situazione finanziaria, con l’asse con Cesare Geronzi e l’ingresso della figlia Marina in Mediobanca, varato Mediaset Premium (con successo) l’attacco a Sky e tenuta sotto controllo la "marea giudiziaria", Berlusconi ha ripensato al Milan. Innanzitutto ha messo in piedi un accordo con gli arabi del Golfo, di "Fly Emirates" che molti hanno sottovalutato. Ha pure tenuto conto dei russi, non solo con "l’amico Putin", ma anche sfruttando qualche relazione non troppo marginale tra qualche personaggio dell’Eni e gli ex sovietici. Ha seminato insomma nel nuovo "salotto" internazionale della finanza che investe nel "soccer", nei "circenses" moderni. In futuro, queste relazioni intrecciate, ma nitidissime, potrebbero portare alla costituzione di una finanziaria internazionale che potrebbe acquistare prima un pacchetto di minoranza e poi di maggioranza del blasone-Milan, garantito da una presenza della famiglia Berlusconi. Ha stabilito pure buone relazioni con uno scaltro e abile procuratore, Mino Raiola, che sembra la "new entry" dei nuovi grandi affari.



 

La controffensiva del cavaliere è partita a febbraio per Ibrahimovic e già guardava al brasileiro Robinho. mentre Tarak Ben Ammar ripeteva al telefono: "Non esiste un dossier Milan". Gli emissari del cavaliere sondavano Barcellona e la finanza araba. E programmavano con insistenza il rilancio. Si metteva in conto, all’inizio, uno scambio tra Pirlo e Ibrahimovic, ma poi si ricorreva ad altre soluzioni con una nuova ripulitura del bilancio e una programmazione di spalmatura ponderata dei contratti dei "vecchi leoni". La manovra è stato tanto calibrata, da far scattare tutto alla fine del mercato, con uno show di rientro alla grande del cavaliere, con le dichiarazioni di Galliani "il regalo del presidente", con le reiterate dichiarazioni d’amore per il Milan. Tutto meno idealista di quanto sembri, ma molto efficace. La politica è solo un aspetto.



 

 

E i grandi cronisti di sport ? Quasi patetici nella loro incapacità di comprendere questo scacchiere. C’era addirittura chi pretendeva che, nella vendita di Kakà, il Milan dicesse. "Il ragazzo ha ormai un ginocchio "sifulo", come dicono a Milano". Il tutto non significa che il Milan ritorna a vincere, ma indubbiamente ritorna protagonista. Come vuole Berlusconi. per capire il tutto basterebbe leggere un interessante libretto di Gerald Michaelson "Sun Tzu. Strategie per il marketing. 12 principi fondamentali per vincere la guerra del mercato". Edizioni Etas 2008. Polemologia e marketing ? Troppo complicato per i figli illegittimi del grande Gianni Brera.