Sulla morte di Shoya Tomizawa al Gp di San Marino rimangono molte domande e dubbi irrisolti. Potrebbe, infatti essere morto in pista e non in ospedale come afferma la versione ufficiale.
Numerosi sospetti e domande irrisolte si affacciano sulla morte di Tomizawa al Gp di San Marino.
Durante la gara di Moto2 disputata ieri sul circuito di Misano, il giapponese, mentre stava effettuando il dodicesimo giro, è scivolato al «curvone», ed è stato subito investito da c. La direzione di gara ha deciso di non esporre la bandiera rossa per interrompere la corsa. Nel frattempo, i soccorritori lo hanno immediatamente adagiato su una barella per portarlo in ambulanza, dove hanno tentato di rianimarlo. Trasportato all’ospedale di Riccione, sarebbe morto alle 14.19 a causa dei traumi multipli e delle numerose emorragie interne. Questo a quanto viene ufficialmente riportato.
«Si, si, lo sapevo» ha, tuttavia, dichiarato – come riporta un articolo di Repubblica – Jorge Lorenzo, non appena sceso dalla moto. Quando, la notizia della morte del pilota non era ancora stata resa nota. Non solo: «perché trasportare un “ferito” così grave in ambulanza e non in elicottero? Secondo, perché Valentino Rossi ha detto “quando ho visto l’ambulanza andare così piano ho capito”?», si domanda Vincenzo Borgomeo, autore dell’articolo. E ancora: «Perché il “ferito” è stato trattato come un sacco di patate e mosso senza nessun rispetto? Perché non è stata data almeno la bandiera rossa per pulire la pista dai detriti?». Numerosi interrogativi che cambierebbero profondamente le carte in tavola. Se il pilota sia morto in pista o fuori, infatti, non è la stessa cosa. Specialmente, dal punto di vista della magistratura che dovrebbe aprire un’inchiesta di altro diversa, accertando eventuali responsabilità anche circa il proseguimento della gara.
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