ESCLUSIVA JUVENTUS ROMA – Del Piero non viene preso in considerazione, Buffon viene umiliato pubblicamente e Totti (vedi la gara con la Samp) viene inserito in pieno recupero. Le tre bandiere del nostro calcio (forse le ultime della serie A, se si esclude Javier Zanetti) in questo ultimo periodo sono state messe ai margini delle rispettive squadre. Se i tifosi sono pronti a sfilare con i loro beniamini, Gianni Rivera (che è stato una bandiera e in nazionale ha dovuto misurarsi anche con tanta panchina) spiega che forse le bandiere sono destinate a non sventolare più: «Man mano che passano gli anni, aumentano le difficoltà. Bisogna, però, anche saper accettare le regole del gioco. Se un giocatore – ha raccontato Rivera in esclusiva a ilsussidiario.net – accetta di andare in panchina, sa che può entrare anche per pochi minuti».
C’è anche chi dice che i calciatori con una certa esperienza rivestono un ruolo pesante all’interno dello spogliatoio e possono influenzare le scelte del mister. «Il problema andrebbe poi posto alle singole persone: E’ una questione di intelligenza, cultura e responsabilità. Non dimentichiamoci – dice l’ex Golden Boy – che i giocatori fanno parte di una rosa e tutti pensano di poter giocare. Solo chi vive la situazione all’interno può conoscere le difficoltà ambientali che si possono creare». A questo proposito è stato esemplare («il suo ragionamento non fa una grinza») Gian Paolo Montali, che alla Domenica Sportiva ha praticamente ricordato a giocatori e tecnico giallorossi quello dicevano un anno fa: i calciatori sostenevano di non avere una rosa all’altezza dell’Inter, l’allenatore pretendeva una panchina più lunga.
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Quest’anno sono stati accontentati e non possono, quindi, lamentarsi: i giocatori perché sono impiegati di meno, l’allenatore perché ha più scelte da fare. Il caso eclatante di Marchetti evidenzia anche una difficoltà nel rapporto dei tesserati con le loro società d’appartenenza. «Non ho elementi per giudicare i singoli casi, ma i calciatori – continua Rivera – sono tutelati, hanno gli strumenti per essere tutelati». Nel suo nuovo incarico (presidente del settore giovanile e scolastico della Figc, nda) che realtà ha incontrato? «Mi ritrovo in un ambiente (il mondo del calcio) che conosco, mentre il sistema Federcalcio adesso lo sto conoscendo in modo diretto; più avanti mi farò un’idea». Per il settore giovanile bisogna lavorare sul lungo periodo: «I risultati – chiosa Rivera – si vedranno nel tempo. Adesso dobbiamo creare il terreno perché i giocatori si possano divertire: non ci sono le tensioni dei massimi livelli». A volte, però, anche il calcio giovanile è vittima di alcuni episodi di violenza, «un po’ per colpa dei genitori, un po’ per colpa dei dirigenti che vogliono vincere a tutti i costi».