Lo confessiamo vedere, anzi rivedere, Peterson allenatore dell’Olimpia quasi un quarto di secolo dall’ultima panchina milanese fa un certo effetto (un gran bell’effetto). “The coach” lasciò la 24° squadra NBA dopo una stagione trionfale, coronata dal successo in coppa dei campioni, lasciando una formazione leggendaria nelle mani del fido Casalini. D’Antoni e Meneghin, Premier e McAdoo, Gallinari senior & company sono stati protagonisti di una stagione indimenticabile per tutti i tifosi milanesi e per tutto il basket italiano: una leggenda iniziata con la “banda bassotti” e proseguita con la zona 1-3-1 che ha consegnato alcuni momenti di pura poesia cestistica, tra cui la leggendaria vittoria in casa,di 34 punti, contro l’Aris di Giannakis.



Nella conferenza stampa di presentazione del “nuovo” allenatore dell’Olimpia Milano, il numero dei giornalisti è quello delle grandi occasioni, molti sono stati precettati dalle vacanze per una notizia che nel giro di pochi minuti si è guadagnata le prime pagine dei giornali sportivi e non per uno dei pochissimi personaggi del basket nostrano capace di farsi conoscere dal grande pubblico. In tarda serata di lunedì la notizia deflagra: Bucchi è esonerato e sostituito da Dan Peterson. Il feeling tra l’allenatore bolognese e il pubblico degli appassionati milanesi è durato poco ed è finito ancora prima: il gioco non è mai sbocciato e nemmeno gli infortuni hanno potuto giustificare diverse prestazioni molto al di sotto delle potenzialità della squadra.



È il presidente dell’Armani Jeans Proli a rivelare alcuni retroscena dell’esonero di Bucchi. La sconfitta di Cantù è stata la classica goccia che ha fatto traboccare un vaso piuttosto pieno. Il seme del dubbio nella testa di Livio Proli è stato piantato dalla sconfitta senza appello in quel di Siena e dalla partita buttata alle ortiche in eurolega contro Lubiana quando uno dei tantissimi black-out offensivi dell’era Bucchi condannava l’Olimpia a una sconfitta evitabilissima. L’atteggiamento e l’approccio dei giocatori contro Cantù hanno fatto il resto. Il resto è lo show del primo giorno di Peterson che predica alcuni concetti semplici: “non farò rivoluzioni” è il primo mantra del coach, il secondo è “sputare sangue” e “giocare insieme”.



 

D’altronde il nano ghiacciato ci tiene a precisare che “non è tornato per sé”: “potevo stare a casa con il telecomando ma ho sentito la responsabilità verso l’Olimpia” e “il richiamo della foresta”. La scintilla con Proli secondo le parole dello stesso presidente è scattata “in due secondi e mezzo”. I dettagli tecnici svelati da Peterson sono pochi come è naturale per un allenatore che non ha ancora svolto un singolo minuto in palestra con i ragazzi. Su Finley ribadisce l’idea che non è un play puro ma un “giocatore perimetrale” e che occorre metterlo in condizione di fare quello che sa fare; sulla partita di domani contro Caserta rivela che nel primo quarto farà giocare tutti i giocatori per rompere il ghiaccio.

 

L’accusa di essere un traghettatore e un pensionato sono respinte al mittente: “non sono un traghettatore, sono qua per vincere” “giocheremo una partita per volta con grande umiltà, come nel mio primo anno all’Olimpia”. Gli obiettivi della stagione li ricorda Proli: coppa Italia e scudetto (Siena permettendo). Peterson chiama alle armi il pubblico di Milano perché dia quell’energia fondamentale per creare un ambiente vincente e un’atmosfera che solo un palazzo di basket pieno può dare. Vedremo cosa sarà domani contro Caserta (l’ultimo scudetto Dan lo vinse proprio contro la squadra campana) alle 20.00 in una Milano ancora semi-vuota per le festività. Un allenatore che dice che “quando l’Olimpia ti entra nelle vene non esce più” si merita tutto l’affetto di Milano. La stella polare è sempre quella: “sputare sangue”. Bentornato Dan.

 

(Francesco Sala)