La sentenza di ieri sera sul processo di Calciopoli ha detto che la maggioranza degli imputati è colpevole. Pare dunque che la famosa “Cupola” sia davvero esistita, e che comandasse il calcio italiano con metodi da associazione a delinquere, che la nona sezione del tribunale di Napoli ha confermato. Una vittoria dei colpevolisti, dunque (per quanto si possa chiamare vittoria la conferma che il calcio di quegli anni era marcio…), e di chi ha sempre sostenuto che questa Cupola esistesse. Una delle persone più danneggiate in quegli anni fu Giuseppe Gazzoni Frascara, presidente del Bologna dal 1993 al 2005. In quella stagione il Bologna retrocesse in serie B, probabilmente a causa di alcune delle partite che la Cupola avrebbe taroccato. Gazzoni Frascara per questo uscì dal calcio, e divenne uno dei principali critici del sistema. L’abbiamo sentito per commentare la sentenza del processo, che ha confermato tutti i sospetti dell’imprenditore. Intervista in esclusiva per IlSussidiario.net.
Cosa pensa della sentenza emessa ieri sera?
Ho parlato da pochi minuti con un avvocato, che mi ha detto che per quanto riguarda la frode sportiva è una sentenza completa, che costituirà un importante precedente.
E per quanto riguarda l’associazione a delinquere?
L’accusa è stata sostanzialmente confermata anche sotto questo punto di vista. In particolare è importante il fatto che usassero delle sim straniere per nascondere le proprie intenzioni.
Dunque la Cupola esisteva davvero?
Questo mi sembra evidente. Anzi, era più ampia di quanto si pensasse.
Si capiva in quegli anni che le partite erano falsate?
Spesso sì, molti episodi erano davvero troppo evidenti. Mi viene in mente, per quanto riguarda il mio Bologna, una partita in cui la Juventus vinse grazie a una punizione assegnata ai bianconeri. Ma il fallo l’aveva fatto Ibrahimovic, ed era un fallo molto evidente. Guarda caso, l’arbitro era Pieri, che poi è stato radiato.
Dunque quando ripensa a quegli anni cosa prova? Delusione?
Dal punto di vista personale no, perché comunque ho vissuto una bella avventura. Però quella rete ha preso in giro i tifosi di molte squadre, che andavano a vedere partite il cui esito era deciso in partenza, e questo è davvero ignobile.
Questa rete dominava anche il mercato, è così?
Sì. Penso ad esempio a un giovane di grande talento che era al Bologna all’epoca, il francese Meghni. Moggi gli avrà telefonato almeno 70 volte, esercitava una pressione enorme a cui era difficilissimo resistere. Pensate pure al modo in cui riuscì a portare Cannavaro alla Juve… Poi era anche bravo, per la carità, di calcio ne capiva, ma i suoi metodi erano inaccettabili.
I suoi rapporti con la Juve come erano?
Finchè c’è stato l’Avvocato Agnelli buoni, poi si sono raffreddati. Anzi, sono diventati gelidi.
E di come è nata l’indagine cosa pensa?
Non è bello che tutto sia nato per caso, dall’antimafia di Napoli che indagava su delle scommesse. Resta il dubbio che altrimenti non sarebbe mai cambiato nulla.
Secondo lei era coinvolta anche l’Inter?
Basta leggere le intercettazioni con Facchetti per capire che non c’è malizia in lui, è semplicemente ingiusto coinvolgerlo, una persona come lui non se lo merita proprio. E poi, anche ammesso (e non concesso) che anche l’Inter abbia delle colpe, questo non cambia niente per quanto riguarda Moggi. Se ci sono due assassini e uno scappa all’estero, si può forse rinunciare a condannare anche l’altro? Mal comune non è mezzo gaudio, questa non può essere una scusante.
Cosa pensa del fatto che, nonostante Moggi e Giraudo siano stati condannati, la Juventus non è stata obbligata a pagare i risarcimenti richiesti?
Mi sembra davvero strano che siano stati condannati il direttore generale e l’amministratore delegato di una società quotata in Borsa, e questa società non sia stata obbligata a pagare i risarcimenti. Bisognerà leggere le motivazioni della sentenza per capire questo punto.
Il calcio di oggi le sembra migliore?
Sicuramente si rispettano di più le regole, anche per quanto riguarda le iscrizioni ai campionati e i pagamenti, ma ci sono ancora troppe poche persone a controllare un business così importante.
(Mauro Mantegazza)