Roberto Mancini, allenatore del Manchester City, parla di Mario Balotelli in una bella intervista a Gq che andrà in edicola giovedì 3 febbraio. Il tecnico di Jesi prende le difese del suo pupillo (sin dai tempi dell’Inter) e confessa alcune marachelle compiute in gioventù.
“Tra i sedici e i venti ho fatto più cazzate di lui – racconta Mancini – Solo che allora c’era un’attenzione minore, ed eravamo diversi noi. Diversi perché sapevamo riconoscere l’autorità del presidente, dell’allenatore, dei vecchi del gruppo, del club. Ho avuto compagni che mostravano gli stessi atteggiamenti di Mario, uno su tutti Marco Macina, un talento purissimo che stregò anche Liedholm. Avevano, anzi avevamo però il pudore di nasconderci alla gente, o forse eravamo semplicemente più furbi. Agivamo nell’ombra”.
Invece i giovani calciatori del 2000 sono molto meno rispettosi. “Il ventenne di oggi se ne frega di tutto e tutti, è puro istinto, timido e arrogante allo stesso tempo, lo sdoganamento di certi comportamenti ha toccato innanzitutto gli adulti, per cui si sente libero di fare e anche di sbagliare. Non teme le punizioni, le subisce con un’indifferenza che spiazza e allora come fai a intervenire? Mario mi fa incazzare e ridere, ma sono di più le volte che mi fa ridere”.
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Ma come è il Balotelli del Manchester City? Assomiglia a quello che Mancini fece esordire all’Inter? “No, è cambiato. Gli ultimi due anni all’Inter l’hanno fatto diventare un personaggio, sono arrivati i grandi soldi, è aumentata la consapevolezza di essere più bravo degli altri. La sfrontatezza è rimasta la stessa di quando si è affacciato, una qualità che mi aveva colpito e sulla quale avevo investito. Mario è un predestinato. Diciassettenne, alla Pinetina, faceva tunnel a Zanetti, a Cambiasso. Che si incazzavano di brutto e gli andavano addosso. Lui niente. Li trattava come fosse un pari età. ‘O è scemo o è forte’, mi dicevo. ‘È entrambe le cose’ ripeteva sorridendo Sinisa, che anche per affetto perdeva molto tempo dietro di lui a fine allenamento…”.
La scorsa estate la fuga dall’Inter e l’approdo in Inghilterra. “Per convincerlo a venire a Manchester non ci ho messo molto, sono bastate due telefonate. Gli ho dato una grande occasione: se capisce che un paio di anni in Premier lo possono completare come poche altre esperienze, significa che la testa ce l’ha”. Ma agli inglesi Balo piace? “Se parli dei giornalisti, all’inizio si sono limitati a riprendere le cose che venivano scritte in Italia, poi hanno cominciato a lavorare di fantasia. In fondo sono storicamente affascinati dagli ‘irregolari’. Best, Gazza, Cantona, Adams, Rooney: non si sono fatti mancare nulla”.