«Si deve cambiare e cercare una svolta a tutti i costi: il calcio italiano ha bisogno di una scossa”. Franco Arturi vicedirettore della Gazzetta dello Sport parla senza tanti giri di parole, in esclusiva per ilsussidiario.net, dei “mali” del calcio italiano. Dritto al nocciolo della questione: «Se si vuole cambiare bisogna iniziare a credere e rispettare le regole. Bisogna fare stadi vivibili, con biglietti numerati e nominali, in cui si possa asssistere ad uno spettacolo senza paura. Gli arbitri poi non devono essere sempre al centro di polemiche. Si può iniziare da qualsiasi dettaglio ma si deve iniziare». La sconfitta di giovedì del Napoli, con l’eliminazione dei partenopei, ha chiuso la quindici giorni europea, che è stata negativa su tutti i fronti. «I risultati sono chiari e inequivocabili. Abbiamo perso quattro partite su quattro anche se il Napoli è uscito in maniera onorevole, ma definitiva. Le sconfitte in Champions sono gravi, soprattutto perché maturate in casa e riscattarle in trasferta sarà molto difficile».
E allora si devono cercare le cause, il perché il calcio italiano, appena esce dai confini nazionali, non sa più imporsi come un tempo. La vittoria dello scorso anno dell’Inter sembra essere stata un’eccezione a una situazione di difficoltà che va avanti da tempo. «Questa tendenza è presente nel calcio italiano da molti anni. Le motivazioni sono tecniche ma credo non sia questa la causa principale. Il problema è il clima che si respira in Italia rispetto ad altre realtà calcistiche europee. Per clima intendo l’aspetto etico-regolamentare, la produzione di scandali a getto continuo, le polemiche sugli arbitraggi, gli odi tribali tra fazioni opposte che generano violenza. Queste cose hanno una ricaduta nel breve-medio periodo sul livello tecnico del calcio».
In molti sottolineano il fatto che il calcio italiano ha perso parte del suo appeal. Pochi investimenti, stipendi “più bassi” rispetto alla Premier o alla Liga. Per Arturi questo non è un ostacolo, anzi l’Italia non è la Cenerentola di turno. «Ci sono 5 o 6 club che hanno una potenza superiore rispetto ai club italiani. Ma potremmo ancora competere su questo versante. Ripeto, i problemi sono quelli sopra elencati. Il calcio non è più un momento di gioia, di aggregazione, legato a valori ben precisi ma una specie di lotta in cui l’unica obiettivo è vincere ad ogni costo. Questa è la tossina che avvelena tutto, compreso il livello del gioco». E nel finale uno sguardo al campionato. Lunedì l’atteso posticipo tra la capolista Milan e il Napoli di Mazzarri che ora punta tutto sul sogno scudetto. «Una gara dal sapore decisivo. Non tanto per l’attribuzione dello scudetto, che a 11 giornate dal termine è impossibile assegnare, ma perché ci dirà se il Napoli potrà competere o superare il Milan, o se i rossoneri avranno le capacità per difendere e limitare l’offensiva delle avversarie allo scudetto. Una sfida che lascerà un segno importante».
(f.mon.)