FIORENTINA JUVENTUS – Ha da poco compiuto i 34 anni, ma non ha perso le geometrie che gli hanno permesso di militare in grandi club italiani e di vincere trofei. Forse per capacità tecnico-tattiche avrebbe meritato qualcosa in più, ma le soddisfazioni migliori le ha raccolte proprio dai suoi allenatori che hanno sempre riconosciuto le doti del centrocampista di Carrara. Per certi versi è stato insostituibile. Solo a Firenze non hanno più creduto in lui. Cristiano, che oggi ha l’obiettivo di portare alla salvezza il Brescia, racconta in esclusiva per il sussidiario.net i retroscena del periodo viola, il suo rapporto con gli allenatori e la fotografia delle esperienze passate. Esce un ritratto di un calciatore che non si pente delle sue scelte e che vuole dare ancora molto al nostro calcio.



Qual è l’allenatore che ha inciso di più sulle qualità di Cristiano Zanetti? Quello dal quale ha imparato di più?

Senza dubbio Capello nel periodo a Roma.

Con Fabio Capello è arrivato anche uno scudetto “storico” per la capitale… Come si può definire il mister di Pieris? Una persona schietta che non gira attorno alle parole; è un allenatore importante per un gruppo che è composto da 25 teste diverse; è lui che dirige tutto: il suo segreto è proprio questo, quello di gestire direttamente i vari aspetti.



Ha militato in tre grandi piazze: Inter, Roma e Juventus. Tre pregi e tre difetti di questi ambienti? Sono state esperienze positive sia a livello umano che calcistico in tre grandi squadre.

Differenti anche gli ambienti?

A livello di tifo extracalcistico Roma è una città che ti coinvolge di più, Milano e Torino sono più distaccate.

Cinque stagioni all’Inter con un finale amaro…

Dopo alcune stagioni ho preferito cambiare, per la mia carriera era giusto trovare nuovi stimoli e nuove emozioni; e poi sono andato in un’altra grande come la Juve. Questo mi ha permesso di lavorare con altre persone e di conoscerne altrettante.



Nell’estate del 2006 si trasferisce, a parametro zero, alla Juventus, accettando anche di scendere nella serie cadetta. E’ stata una decisione sofferta?

Sono arrivato in una situazione strana che non mi aspettavo, ma onestamente avevo firmato prima che succedesse tutto.

 

Vince il campionato di serie B, torna in A e manda in gol (con Ranieri in panchina) tanti attaccanti. Sorpreso?

Mi sono ambientato subito nella mentalità Juventus; abbiamo fatto un bel gruppo. Con Ranieri ho aiutato Alex (Del Piero, nda) a fare tanti gol e a diventare capocannoniere.

 

Lancio di Zanetti e gol di Del Piero… queste azioni si sono ripetute molte volte…

Tra gente di calcio ci si capisce al volo: il centrocampista deve alzare la testa e guardare il movimento delle punte.

 

Cosa è successo poi? La Juventus con Ferrara cede l’unico regista in squadra. Viste le successive prestazioni di Melo e compagni, non avrebbe fatto meglio a restare?

Sono andato a Firenze soprattutto per Prandelli, che aveva il merito di credere nei suoi uomini. Mi sono trovato bene anche a Firenze fino a quando non ci sono stati i problemi tra Prandelli e la società. Si è rotto il giocattolo e la prima a pagare è stata la squadra. Abbiamo fatto un brutto finale di stagione: è svanito il sogno degli ottavi di Champions (tutti sanno come) e siamo usciti dalla semifinali di Coppa Italia. Non c’era più il modo di risollevarsi. Ci vorrà del tempo per ricostruire.

 

Come giudica Prandelli?

Una persona molto preparata che sta facendo benissimo anche in nazionale. Purtroppo a Firenze si era incrinato un rapporto.

 

Mentre con Mihajlovic non è mai scoppiato il feeling?

Con Sinisa non ho avuto problemi. La società ha fatto altre scelte e ho capito che non c’era più spazio per Zanetti. Non mi piace stare in un posto tanto per stare; mi piace sentirmi importante e sentire la fiducia nei miei confronti. A Firenze qualcuno non credeva in me.

 

A febbraio ha fatto una scommessa con se stesso?

A Brescia sto bene. Stiamo facendo il possibile per centrare l’obiettivo dei 40 punti; abbiamo già fatto i 15 punti che avevamo totalizzato all’andata.

 

Qual è la condizione fisica di Zanetti?

 Normale, ovviamente non sono più un ragazzino.

 

Un Europeo under 21 vinto nel 2000, una partecipazione a un Mondiale e a un Europeo in nazionale maggiore. Nel 2008 ha detto no a Donadoni, si è pentito di quella scelta?

Ero convinto che giocando una volta alla settimana avrei reso di più. Non è, comunque, stata una scelta, ma è piuttosto una situazione chi è creata. Resta sempre un orgoglio vestire la maglia azzurra.

 

 

Quanto hanno influito gli infortuni nella carriera?

Non ne ho avuti tanti o meglio non ne ho avuti di gravi. E’ positivo che ricordino questo fatto, perché vuol dire che la mia assenza pesava. Tanti giocatori hanno gli stessi acciacchi muscolari, ma passano in secondo piano perché hanno dei sostituti che non li fanno rimpiangere. Ho avuto solo uno strappo alla Juve: dopo un mese ero sceso in campo per accelerare i tempi, mentre sarebbero bastati solo una decina di giorni in più. Questa è la mia carriera.

 

Cosa ha dato il calcio a Cristiano Zanetti?

Sul campo tantissime soddisfazioni e anche tante delusioni (il 5 maggio, i Mondiali e gli Europei). A livello extracalcistico ho incontrato grandissimi campioni e ho provato tante emozioni in stadi da 80 mila spettatori. Gioco da tantissimo tempo a calcio, mi sembra che il tempo sia volato. Sono convinto di poter dare ancora qualcosa per portare il Brescia oltre i 40 punti. Abbiamo fatto un bel cambio di marcia, ma la classifica è ancora così così. Speriamo in bene.

 

Per concludere, uno sguardo fuori dal campo. Esiste l’amicizia nel mondo del calcio? C’è qualche giocatore con il quale si sente ancora?

E’ più difficile, perché se è vero che è un gioco di gruppo, è altrettanto vero che prevale molto l’interesse personale. Con alcuni ci sono buoni rapporti, con altri c’è amicizia. Qualche nome? Chiellini, Marchionni e Lupatelli.