Solo un tifoso del Toro riesce a spiegare e dare un valore particolare e autentico alla commemorazione della tragedia di Superga, in cui oggi ricorre il 62° anniversario. Nessuno, né noi che raccontiamo fatti di sport né qualsiasi altra persona, riesce a capire cosa ci sta dietro a questo momento, alla partecipazione prima al Cimitero Maggiore poi alla Santa Messa, così come all’emozione e alle lacrime durante la lettura, fatta dal capitano Rolando Bianchi, dei nomi dei giocatori del grande Toro, periti in quella funesta giornata. C’è chi si muove da ogni parte d’Italia per non perdere questo momento, per non dimenticare e per far memoria di un dramma che ha segnato la storia di questo club calcistico. Perché nessuna squadra di calcio al mondo ha così marcato, nel suo dna, il convivere ogni giorno con la tristezza e la melanconia. Stagioni di delusioni calcistiche, la serie A che resta un miraggio, allenatori che vanno , giocatori che vengono, polemiche, risse e divisioni. Ogni anno sembra di leggere un copione visto e rivisto da tanto, forse troppo tempo.
«Questo sia un giorno di pace» ha detto alla vigilia Don Aldo Rabino, cappellano granata e colui che officierà la messa di suffragio. Sui tornanti di Superga dal primo pomeriggio salirà una folla silente, raccolta e compasta, che renderà omaggio agli Invincibili. L’augurio è che sia una giornata che possa dare speranza. Alle vicende calcistiche del Toro come alla vita di ognuno di noi.
(f.m.)