Il campionato che non ti aspetti dopo 180 minuti. Non è quello che ti aspetti, per le squadre a punteggio pieno. Non è quello che ti aspetti, per le squadre in crisi. La vetta, innanzitutto. Delle quattro l’intruso è il Cagliari: Massimo Ficcadenti parte bene qui, come lo scorso anno a Cesena: sono punti che si riveleranno preziosissimi in chiave salvezza. Viene poi un gradino sopra l’Udinese, non ha ambizioni di scudetto ma sicuramente vuol ritentare l’avventura tra le grandi. Francesco Guidolin ripete il suo mantra dei 40 punti salvezza da conquistare quanto prima: gliene mancano solo 34, complimenti. E complimenti per una squadra che, priva di Zapata, Inler e Sanchez, prosegue sulla falsariga del finale della scorsa stagione. Un anno fa l’Udinese partì con quattro sconfitte nelle prime quattro gare e arrivò in Champions League.



Coltivano maggiori ambizioni Napoli e Juventus, più il primo della seconda. Quella bianconera è una squadra cui non viene chiesto il titolo ma, piuttosto, di cominciare finalmente un cammino alla riconquista della grandezza perduta. Antonio Conte ci mette sfrontatezza (quando ricorda che lo scorso campionato con le piccole si faticava) e un assetto logico della squadra. Il cammino ha finora proposto Parma e Siena, che hanno reso più agevole la conquista dei sei punti. E i prossimi due turni (Bologna in casa e Catania fuori) possono aiutare sulla strada delle vittorie e del ritrovamento dell’autostima, con la prospettiva di rendere più credibile una candidatura al titolo. Come diviene credibile quella del Napoli, eccellente in Europa come in Italia. Il 3-1 rifilato al Milan nel posticipo è l’ennesima dimostrazione della compattezza raggiunta dalla squadra: rossoneri rosolati come il Manchester, con difesa asfissiante e ripartenze micidiali, e con una straordinaria condizione atletica a far da sottofondo. Qualità e classifica che esaltano le capacità di Walter Mazzarri. Il giorno in cui si piangerà un po’ meno addosso, anche l’allenatore farà il grande salto di qualità.



Un salto di qualità che manca invece alle due grandi delusioni del torneo. Fa effetto vedere Milan e Inter a quota 1, ma non è risultato bugiardo. I rossoneri pagano innanzitutto un’emorragia di uomini che li ha portati ad affrontare il big match di Napoli nelle condizioni peggiori possibili. E poi anche una certa lentezza di passo che non può essere sempre salvata in rimonta, come capitato con Lazio e Barcellona: se si blocca l’attacco emerge infatti la friabilità di una difesa che ha già incassato 8 reti in 4 gare ufficiali. Per l’Inter il discorso ha radici ben individuate nella scelta all’origine di Gian Piero Gasperini. Un allenatore di cui Massimo Moratti non è parso mai convinto fino in fondo e che il presidente non ha certo supportato con il mercato. Il tecnico avrebbe potuto convincerlo soltanto con i risultati, finora clamorosamente mancati. E risultati assenti anche in virtù di un gioco poco convincente, nella scelta degli uomini (colpa del club) e nello sviluppo tattico (colpa dell’allenatore). Novara potrebbe già essere l’ultima tappa dell’esperienza nerazzurra di Gasperini.

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