Zlatan Ibrahimovic è diventato un termine. All’interno di un programma d’intrattenimento satirico, l’emittente televisiva francese Canal + ha lanciato un neologismo, direttamente ispirato al personaggio Ibra. L’apposito consiglio svedese sta per approvare: tra poco ‘Zlataner‘ (italiano ‘zlatanare’, inglese…to zlatan?) sarà una parola come ‘pigna’, ‘pallottoliere’ o ‘sparpagliare’ (in svedese). Significato? Stando alla definizione ufficiale, “intraprendere qualcosa con forza, dominare”. Etimologia: “Deriva dal francese e dal nome del giocatore Zlatan Ibrahimovic, che domina dentro e fuori dal campo”. Divertente, senza dubbio, una sorta di seguito francese al nostro ‘cassanata’. Però, però…sembra esserci qualcosa di più profondo nell’ennesima mitizzazione del personaggio Ibra, che conosciamo al 99% come calciatore e all’1% come persona. Già si parla di bambini nelle banlieue, alcuni dei quartieri più malfamati di Parigi, che utilizzano il nuovo verbo, magari con la maglia farlocca numero 18 del Paris Saint-Germain. O di ragazzini dei ghetti scandinavi, che sulle orme dell’idolo scalciano dietro alla palla negli acquitrini ghiacciati. Per loro, che chi scrive conosce solo come fenomeno geografico, quasi folcloristico, e quindi molto poco, Zlatan Ibrahimovic si può immaginare come il nuovo, esaltante modello, da imitare nelle partitelle di strada ma a questo punto anche oltre, “nella vita” come si suol dire. Che in alcuni casi significa droga, armi e crimini. Chi ha letto Io, Ibra, la biografia del campione svedese uscita nel 2011, ha imparato (o avuto conferma) che per sua stessa ammissione Ibrahimovic vive di vendetta. Un principio negativo, che sviluppa un grosso dolore in rabbia, solitamente covandolo nell’odio prima ancora che nell’autostima. Una sorta di arma potente, che spesso agita la mano ma non giuda il cervello di chi la impugna. Zlatan ha avuto la fortuna (e la bravura) di incanalare la sua voglia di vendetta nelle imprese sportive, in virtù di un talento naturale straordinario e di una sagacia sviluppata fin da piccolo, quando con una famiglia spaccata a metà era spesso chiamato a cavarsela da solo. Merito a lui: ognuno è figlio della sua storia, è difficile -se non impossibile- capire a fondo quelle degli altri. Ma proviamo a mettere… 



…la spada di Ibra in mano a un bambino della banlieue: estremizzandosi potrebbe diventare pistola e omicidio. Attenzione: non sarà un neologismo a fare di un bambino di strada un criminale, nè per una persona normale c’è alcunché niente di male a trasformare Ibrahimovic in gergo comune. Ma al mondo non ci sono solo storie normali, anzi: per questo il fatto che ci sia gente che vuole zlatanare potrebbe anche non lasciare del tutto tranquilli. Meglio limitarsi a farlo in un campo di calcio.

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