Prosegue il Torneo di Viareggio, la competizione di calcio giovanile che nel mese di febbraio, nei giorni del Carnevale che nella città della Versilia è l’evento dell’anno, accende i riflettori sulla situazione dei vivai e quindi delle future grandi speranze dello sport più amato in Italia, consentendo di andare a scoprire quali sono i talenti più interessanti ma anche di fare riflessioni sullo stato del calcio giovanile, che nel nostro Paese non sta vivendo anni memorabili. Per analizzare dunque sia questa “Coppa Carnevale” sia la situazione del calcio giovanile in Italia abbiamo sentito Antonino Asta, grande ex calciatore e oggi allenatore della Primavera del Torino. Intervista in esclusiva per IlSussidiario.net.



 Cosa rappresenta per lei il Torneo di Viareggio?

Stranamente non l’ho mai giocato da calciatore, ma ormai è il terzo anno che ci vengo da allenatore. Certamente è un grande evento, un piccolo “Mondiale” di categoria, anche se forse oggi ci sono troppi gironi e si gioca anche troppo lontano da Viareggio.

Una crescita eccessiva?



Forse sì, una crescita eccessiva e non curata: quarantotto squadre mi sembrano dovute più che altro al business.

Qual è l’obiettivo del Torino in questo torneo?

Il Torino ha ottenuto tante vittorie a Viareggio, anche se purtroppo risalgono ormai a vari anni fa; comunque deve avere sempre la mentalità vincente, dare il massimo e tenere alto il nome di una squadra gloriosa.

Quali sono i talenti più interessanti della sua squadra?

A parte Chiosa, difensore del 1993 che è già aggregato alla prima squadra, posso sicuramente citare Gatto, un centrocampista classe 1994, e l’attaccante Diop, che purtroppo è infortunato per la decisiva partita di oggi, che per noi è un vero e proprio “dentro o fuori”.



E cosa può dirci del grande ex Comi, ora punta della Primavera del Milan?

Io l’ho allenato per tanti anni: lui è fuori concorso, una prima punta già pronta a grandi palcoscenici.

Vuole segnalare altri talenti dalle altre squadre presenti a Viareggio?

Guardi, si gioca ogni due giorni, per cui ho tempo di documentarmi solo sulle altre squadre del mio girone. Certamente tutte le grandi squadre hanno molti nomi interessanti, ma mi permetto di citare la Rappresentativa di serie D, che al Viareggio fa sempre molto bene e pure quest’anno ha debuttato battendo per 4-1 il Varese: anche tra i dilettanti ci sono molti giovani interessanti.

Quali sono le favorite per la vittoria finale?

Certamente tutte le grandi: Juventus, Roma, Fiorentina, Lazio, Milan e Inter. Ma qualche sorpresa ci può sempre essere, speriamo di essere noi…

Come si formano i giovani per farli crescere nel modo migliore?

In Italia si insegna troppo la tattica, invece dovremmo dare più spazio alla fantasia e più possibilità ai ragazzi di sbagliare, perchè sono gli errori che fanno crescere. La qualità più importante per chi lavora con i giovani, infatti, è proprio quella di saper correggere gli errori nel modo giusto.

Cosa si dovrebbe fare per incentivare i nostri club a puntare di più sui settori giovanili?

Purtroppo in questo l’Italia non è più all’avanguardia. Si deve lavorare tutti insieme, società, Leghe e Federazione e qualcosa si sta facendo, ad esempio in Lega Pro dove s’incentiva il minutaggio dei giovani. Chi è bravo viene fuori comunque alla lunga, ma serve il coraggio di farli giocare con continuità e di accettare gli errori. Conta l’allenatore e le pressioni che ha da parte della società: da noi conta il risultato ad ogni costo e gli allenatori sono quasi sempre in bilico. Quando è così è difficile lanciare i giovani.

Cosa pensa dell’exploit di Borini?

Giovani bravi ce ne sono, come appunto Borini. Diciamo che Luis Enrique ha il coraggio di schierare i giovani, per la mentalità che ha appreso dal Barcellona, e che ha le spalle coperte dalla società che crede nel progetto e non l’ha messo in discussione alle prime sconfitte.

Possiamo dunque dire che la Roma è il modello da seguire in Italia?

Sicuramente la Roma sta lavorando bene con i giovani, ma ogni società ha i suoi talenti: il punto è cosa si fa con questi giovani. In Italia se ne parla molto (forse anche troppo), ma si fanno pochi fatti, all’estero invece giocano molto più facilmente: è questa la differenza.

Magari un segnale può lanciarlo Prandelli, convocando El Shaarawy o Borini se continueranno a far bene. Sarebbe una cosa importante secondo lei?

Se meriteranno di essere convocati in Nazionale, perchè no? Potrebbe essere in effetti un segnale forte. Però attenzione, può essere contro-producente se si metterà ai giovani convocati troppa pressione, scaricando magari su di loro la colpa di eventuali insuccessi. Ripeto, è tutta una questione di mentalità che da noi dovrebbe cambiare.

 

(Mauro Mantegazza)