«Dopo aver visto com’è caduto, ho capito subito che la situazione era grave», ha detto il responsabile dell’Unità Coronarica dell’Ospedale di Pescara, Lorenzo Paloscia, a Tgcom24 dopo aver assistito al malore di Piermario Morosini, avvenuto in campo mentre si disputava la partita tra Livorno e Pescara. A quanto ha riferito il medico, il calciatore «è stato subito sottoposto a massaggio cardiaco e ventilazione, che sono le cose principali da fare. Sono sceso subito sperando di poter dare un contributo. Si è visto subito che c’era qualcosa che non andava, non so se questo può far pensare a qualcosa di diverso dal cuore, magari a qualcosa di cerebrale. L’autopsia chiarirà ogni dubbio. Io ho messo tra le ipotesi anche quella cerebrale come plausibile». Paloscia ha comunque riferito che, appena lo ha visto, il giocatore «era già deceduto», e che durante i soccorsi «tutti hanno partecipato professionalmente. Penso che siamo andati oltre quella che è una rianimazione tradizionale, perché di solito dopo 40 minuti ci si ferma, qui siamo andati oltre un’ora e mezza. Credo che di macroscopico il ragazzo non avesse nulla, forse qualche piccolissima malformazione strana alla quale però puoi pensare solo dopo un sintomo». Dopo la morte di Morosini, in molti sono tornati a parlare del soccorso in campo: Maurizio Casasco, presidente della Federazione medico sportiva, ha anche proposto di attivare un pronto soccorso sportivo per la gestione dell’emergenza. Altri esperti sono però convinti che non ci sia bisogno di arrivare a tanto, ma che sia necessario innanzitutto usare i defibrillatori: «Non c’è bisogno di portare il pronto soccorso in campo, bisogna portare i defibrillatori», ha detto Francesco Fedele, direttore del dipartimento di malattie cardiovascolari e respiratorie dell’università La Sapienza di Roma: «E basta che le persone a bordo campo sappiano fare le manovre di rianimazione cardiopolmonare: ci vuole una giornata per prendere il tesserino». Nel corso della trasmissione calcistica Guida al Campionato, condotta da Mino Taveri, è intervenuta anche la dottoressa Daniela Aschieri, cardiologa, secondo cui «per rifare partire un cuore, che è in arresto cardiaco, è fondamentale che chiunque in campo possa utilizzare il defibrillatore ed intervenire subito». L’uso di un defibrillatore semiautomatico può rivelarsi di estrema utilità in un caso di intervento tempestivo su una persona in arresto cardiaco: questo strumento effettua una scarica elettrica attraverso elettrodi adesivi, andando in questo modo a ristabilire il battito regolare del cuore. 



Inoltre, può effettuare automaticamente l’esame cardiaco della persona da soccorrere cercando la sua pulsazione  agisce in caso di arresto sulla possibile fibrillazione che il cuore sviluppa per una durata molto breve dopo un infarto. Il defibrillatore semiautomatico si presenta come una scatola di circa 30 cm per 30 cm: al suo interno ci sono gli elettrodi e un kit di rasatura per rimuovere eventuali peli presenti sul petto della vittima. Infatti gli elettrodi devono assolutamente aderire in modo perfetto sul petto, ed è questa la cosa più importante: in caso contrario si avrebbe una rilevazione sbagliata da parte del defibrillatore, o anche del tutto assente, il che farebbe perdere tempo preziosissimo. Il Defibrillatore Automatico Esterno (DAE) è anche in grado  di guidare attraverso una voce registrata il soccorritore, più o meno esperto, indicandogli le varie operazioni da compiere. Una volta applicati gli elettrodi, il DAE effettuerà un’analisi della vittima e, in base al responso, consiglierà al soccorritore come proseguire. Nel caso in cui si renda necessaria una scarica, il DAE dirà di allontanarsi dal paziente e di non toccarlo fino a che lo strumento non emetterà un particolare segnale acustico e una segnalazione luminosa. Il DAE continuerà a controllare le funzioni cardiache della vittima e, nel caso in cui il cuore non dovesse battere, consiglierà cosa fare. Se invece il cuore ha ripreso a battere, consiglierà di controllare il respiro. Continuerà sempre così, fino a che non si arriverà alla completa risoluzione del problema cuore-polmoni. 



 

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