Il day after delle tristi immagini di Marassi non ha cancellato lo sgomento. 44 minuti di pura follia che hanno gettato altro fango sul movimento calcistico italiano ed hanno finito per cancellare in un solo colpo la commozione per il funerale di Morosini e con esso, la convinzione che qualcosa potesse esser realmente cambiato. Qualcosa di sbagliato nella mentalità, ma anche nelle organizzazioni preposte a far fronte a questa violenza. Praticamente inermi di fronte alle scene di ordinaria follia andate in scena allo stadio Luigi Ferraris. Per affrontare da un punto di vista quanto più spassionato possibile la vicenda, abbiamo contattato, in esclusiva per IlSussidiario.net, Xavier Jacobelli. Quella emersa dal lungo scambio di battute con il direttore del Quotidiano.net è l’immagine di un calcio non evoluto, rimasto fermo e annebbiato da manovre inutili.



Qual è la sua impressione riguardo ai fatti del Marassi?

Dal 2 Febbraio 2007, quando a Catania venne ucciso Filippo Raciti, ad oggi sono passati esattamente cinque anni, due mesi e cinque giorni. Cinque anni in cui ci è stato detto che i tornelli, la tessera del tifoso e tutti i procedimenti varati avrebbero cancellato il problema della violenza negli stadi. Invece oggi si assiste allo scarica barile tra Questore, Ministro degli interni e presidente del Genoa. Ora io credo che il problema della violenza negli stadi non sia mai stato risolto per l’ipocrisia di fondo che governa il nostro calcio.



Si spieghi meglio…

In Italia manca la volontà politica di risolvere questa piaga. Qualcuno ci dovrebbe spiegare, a cominciare dal governo, che intenzioni hanno. Perché vengono vessati gli spettatori normali, ai quali vengono sequestrate le bottigliette dei tappi, mentre Ivan il terribile, per fare un esempio, riesce a portare di tutto dentro alla struttura? È inutile l’indignazione del giorno dopo, perché dai fatti di Catania sono passati cinque anni e la mia sensazione è che non sia cambiato assolutamente nulla. Oggi ho riletto le stesse dichiarazioni che vennero fatte ai tempi.



Un problema di mentalità?

Sì, ma non solo. Se i fatti di ieri fossero successi in un qualsiasi stadio inglese sarebbero entrati immediatamente in azione gli steward, supportati dalle forze dell’ordine, e credo che questo episodio non si sarebbe concluso con la sospensione di una partita per 44 minuti. Questo episodio ripropone anche il problema degli stadi italiani. È evidente che Marassi sia uno stadio di minima sicurezza: due anni fa i serbi e ieri questo. Gli stadi italiani, ad oggi, sono delle autentiche bombe ad orologeria piazzate nelle città. Da quattro anni giace in parlamento un disegno di legge sulla costruzione degli stadi a costo zero per i contribuenti e da quattro anni non si ha il tempo per approvarlo. Questo bisognerebbe chiedere ai politici, di qualsiasi colore essi siano.

E’ triste constatare questi atteggiamenti neanche novanta minuti dopo il minuto di silenzio per la scomparsa di Morosini. Un po’ incoerente, non trova?

Settantadue ore prima dei fatti di Marassi erano stati celebrati i funerali di Morosini e tutti, a partire da Prandelli, eravamo convinti potesse essere un punto di svolta per la cultura sportiva del nostro paese ed invece siamo di nuovo qui a commentare questi fatti.

Siamo ostaggi degli ultras?

No. Il calcio è ostaggio della sua ipocrisia. Adesso non bisogna commettere l’errore opposto di criminalizzare tutti gli ultras. Bisognerebbe imporre semplicemente il rispetto delle regole. Hanno emanato le norme speciali dopo l’omicidio di Raciti facendoceli passare come la panacea ad ogni male, ma non è così. Ho sentito oggi il ministro degli interni dire che è troppo semplicistico prendersela con la polizia, ma oltre al semplicistico cosa c’è? Cosa si doveva fare a Genova ieri? È anche una questione di ordine pubblico o sbaglio? In seconda battuta c’è poi da dire che la maglietta non si deve togliere mai, così come hanno fatto Sculli, Frey e Mesto. Sfilarsi la casacca è stato un segno di resa.

Cosa ne pensa invece dell’episodio di Brescia, dove gli ultras hanno fischiato il giovanissimo Leali invocando Arcari al suo posto?

Io credo che un tifoso abbia il diritto di fischiare e criticare un giocatore della propria squadra, ma tutto deve restare nell’ambito della civiltà. Non è ammissibile che si chieda la sospensione di una partita. Ieri durante Wolverhampton-Manchester City, i tifosi di casa sostenevano la loro squadra nonostante stessero retrocedendo matematicamente nella Championship. Secondo me questa è la conferma che tra noi e l’Inghilterra esista una differenza di civiltà sportiva impressionante. Eppure non mi pare che in passato gli inglesi abbiano avuto solo gentiluomini sugli spalti. Da noi esiste questa convinzione che gli stadi siano zone franche in cui si può fare ciò che si vuole.

Trova giusta la sola squalifica del Marassi fino a fine stagione?

Questo è un discorso che rientra nell’ordine della giustizia sportiva. Ho visto che l’aveva invocata persino il presidente del Genoa Preziosi. Il giudice sportivo si è regolato sulla base di quello che prevedono le norme, mi sembra però evidente che questo non sia un discorso inerente alla giustizia sportiva.

 

(Massimiliano de Cesare)