L’ultimo episodio salito agli “onori” – per modo di dire – della cronaca è proprio di oggi: i tifosi dell’Olympique Marsiglia, che ieri sera ha perso a Parigi contro gli storici rivali del Paris Saint Germain, hanno chiesto ai loro (non troppo) “beniamini” di perdere anche contro il Montpellier. Il Marsiglia infatti ormai non ha più grandi obiettivi da raggiungere in questa stagione, e la cosa che sembra interessare maggiormente ai suoi tifosi sia ormai non far vincere il titolo francese al Psg: rivale dei parigini in testa alla classifica della Ligue 1 è il Montpellier, quindi… forza Montpellier. Questa non è certo una novità: in Italia ancora tutti si ricordano i tifosi della Lazio tifare Inter in ben due occasioni – andò male (a loro e ai nerazzurri) nel 2002, bene invece nel 2010 – ma molti sono stati gli episodi di questo tipo, anche in nazioni che generalmente vengono prese a modello per cultura sportiva; ad esempio, nello stesso giorno di Lazio-Inter del 2010 ci furono i tifosi del Liverpool che tifarono per il Chelsea contro la loro squadra pur di favorire i rivali del Manchester United (storico avversario dei Reds) nella corsa al titolo inglese. Insomma, casi nei quali il tifo “contro” arriva al punto addirittura di far sperare nella sconfitta della propria squadra. Fatto che assume aspetti addirittura inquietanti in casi come l’ormai famigerato Bari-Lecce, in cui alcune frange del tifo barese sarebbero state a conoscenza del “taroccamento” della partita, guadagnandoci a loro volta scommettendo sul risultato della partita. Abbiamo voluto fare una riflessione su questi eccessi del tifo con Xavier Jacobelli, attuale direttore di Calciomercato.com e prestigiosa firma del giornalismo sportivo italiano. Intervista in esclusiva per IlSussidiario.net.
Jacobelli, quanto sta succedendo a Marsiglia ripropone il tema del tifo contro la propria squadra pur di penalizzare una rivale. Lei cosa ne pensa?
Questo è proprio il massimo del minimo (con tono piuttosto sconsolato ndR). Capisco le passioni del tifo, ma giungere a questi livelli così bassi secondo me è una aberrazione del tifo.
Come dovrebbe essere dunque il tifo secondo lei?
Dovrebbe essere quello che dice la parola stessa: tifare per la propria squadra, andare allo stadio per sostenerla, anche e soprattutto se è in difficoltà, ma alla fine accettare sempre il verdetto del campo. Capisco di essere in netta minoranza su questo, ma io personalmente il tifo contro non riesco proprio a capirlo, e credo quindi che la cultura sportiva debba fare ancora passi da gigante.
Sembra però un problema comune a tutte le Nazioni questo…
Sì, tutto il mondo è paese su questo. Episodi di questo tipo si verificano praticamente dappertutto, ma questa non è una grande consolazione. Anche perchè, al di là di questi casi “estremi”, il vero problema è che andare allo stadio spesso si traduce in un esercizio di sopportazione civile.
Addirittura?
Insulti, contumelie,… Per non parlare naturalmente di quando non ci si limita alle parole. Di certo non è una cosa che si dovrebbe consigliare a una famiglia.
Per non parlare di quando ci sono episodi come quelli che sembrano emergere dal calcioscommesse di tifosi che fanno parte delle combine e scommettono sulle sconfitte della propria squadra del cuore…
Sì, naturalmente questo è ancora più grave, anche se qui andiamo oltre il tifo, entriamo nel campo dei rapporti tra tifo e criminalità – purtroppo troppo spesso presenti – che richiederebbe un discorso a parte.
Insomma, cosa resta da salvare?
Tanto, ci mancherebbe altro. Non bisogna mai generalizzare, anzi spesso le iniziative più belle arrivano dagli stessi ultras, penso ad esempio alle tante tifoserie che si sono concretamente organizzate per aiutare gli alluvionati dello scorso autunno. Però deve crescere la cultura sportiva: solo così tutto sarebbe ancora più bello.
(Mauro Mantegazza)