Silvio Berlusconi vende il Milan alla Ferrero? Tutto falso. La voce, insistente, si era sparsa in questi giorni dopo che già lo scorso anno si era propagata sembra trovare fondamento nei fatti. Ancora una volta, il canovaccio si è ripetuto: Michele Ferrero, proprietario dell’azienda dolciaria di Alba, ha smentito attraverso la Gazzetta d’Alba che ci sia un proposito di acquistare la società rossonera: “La notizia pubblicata sul quotidiano Leggo, secondo cui Michele Ferrero si appresterebbe ad assumare la guida del Milan, non ha fondamento alcuno”. Dunque, il Milan non cambia di mano; non ci sarà un investimento da parte del gruppo piemontese, Berlusconi resta in sella al club che dal 1987 ha contribuito a rendere grande in Italia, in Europa e nel mondo. Al di là della “bufala”, resta una domanda: quanto conviene agli investitori, sceicchi o altri, prendere possesso di una società di calcio italiana? Problema annoso, visti i grandi capitali entrati in alcune società estere (Paris Saint-Germain, Manchester City, Chelsea) e la situazione sempre più difficile che versa nel nostro Paese. Abbiamo girato la domanda a Marcel Vulpis, direttore di SportEconomy. Ecco le sue parole, nell’intervista esclusiva rilasciata a Ilsussidiario.net. 



La voce secondo cui la Ferrero sarebbe interessata ad acquistare il Milan è stata smentita: al di là di questo, perché è così rischioso investire in un club italiano? Come ogni club italiano, l’assenza di uno stadio di proprietà impatta nella decisione finale di un investitore; fermo restando che stiamo parlando dell’unico club che insieme a Inter e Juventus potrebbe interessare a qualcuno che volesse investire in Italia. 



A che livello? Se parliamo di marchi e profilo internazionale, il Milan è il club più blasonato al mondo; ha un centro di allenamento come Milanello che è tra i più avanzati a livello italiano, un laboratorio medico-scientifico profilo e un vivaio di altissimo livello; ma il problema è un altro.

Quale? Che il Milan è inserito in un sistema economico nazionale che, come accade a tutte le aziende di settore, sta scontando il momento attuale. Non è colpa del Milan, è una situazione contingente, anche le principali società di telefonia scontano il problema. Però, le problematiche del sistema nazionale stanno impattando sul Milan.



Se quindi il Milan fosse in un altro Paese… Se fosse in un altro Paese, vedi l’Inghilterra o la Germania, sarebbe sicuramente più facilitato nel trovare investitori e sicuramente avrebbe un valore ancora più elevato di quello che ha nel sistema italiano. Il sistema Italia sta ammazzando i top club italiani.

Qual è il problema principale? Io trovo scandaloso che il 99% dei club italiani debba chiedere al Comune la chiave per entrare allo stadio e poi ridarla per uscire: sono tutti club ostaggio dei sindaci. Oggi i club stanno scontando una serie di errori strutturali che ci sono in giro. Faccio un esempio significativo.

Prego. Sono andato a vedere per motivi di lavoro Fiorentina-Juventus: la Fiorentina ha un bellissimo marchio e una bellissima community, e vedere che lo stadio è scoperto per due terzi fa capire che non c’è un’ottica orientata al cliente. Mi chiedo come sia possibile: se queste persone riempiono la curva Fiesole con ghiaccio, gelo e acqua, immaginiamo cosa farebbero se fossero in ambienti confortevoli. 

Perciò non è un problema del Milan… No, anzi: il fatto che il Milan abbia fatto esplodere nel giro di due anni i ricavi commerciali è indicativo. Quando il Milan, o il top club italiano, si mette in mano a strutture internazionali, i risultati li porta a casa, non è inferiore a nessuno; ma è chiaro che la stessa struttura, se lavorasse con un club che ha lo stadio di proprietà, si ritroverebbe a fare il doppio o il triplo di quello che fa. 

Qual è allora la soluzione? Io penso che i sindaci italiani dovrebbero mettersi una mano sulla coscienza. E’ chiaro che fa comodo al sindaco avere come cliente di lusso un club italiano che ti porta i soldi, ma non è corretto: non puoi tenere blindato un cliente con le delibere, che poi stranamente non arrivano mai. Il mercato italiano non è libero: è fortemente caratterizzato da cavilli burocratico-amministrativi. Sono successe cose gravi in questi giorni. 

Per esempio? La conferenza stampa di Zamparini che ha presentato Lo Monaco mi ha fatto vedere un uomo stanco. Oppure, l’atto di disperazione di Cellino, sicuramente errato tecnicamente; ma non si deve portare un imprenditore alla disperazione, non è questa la logica. Gli amministratori di calcio devono essere imprenditori radicati su un territorio che non dovrebbe creare ostacoli al tentativo di fare business, dove il business sia sano. E questo vale per tutti.

Gli americani hanno investito nella Roma…

Sì, però sono entrati nel loro secondo anno e si stima che ci possa essere una perdita. L’anno scorso hanno fatto una perdita, quest’anno anche; siccome sono degli investitori stranieri, abbiamo la certezza assoluta che tra tre-quattro-cinque anni continueranno a fare i mecenati?

Immagino di no… Esatto: io non ce l’ho. Non mi sembra che dopo l’arrivo degli americani ci siano state le frontiere aperte con l’arrivo di imprenditori pronti a investire nel campionato italiano. L’affare dell’Inter con i cinesi è importante, ma è finalizzato alla costruzione dello stadio: se non c’è lo stadio, i cinesi escono come sono entrati. 

Perciò, per concludere? Quando si parla di arabi, cinesi e sceicchi, bisogna pensare che sono magnati e tycoon, ma non buttano certo i soldi dalla finestra; proprio perché sono tycoon, i soldi li hanno fatti con la testa. Per me il vero nemico del calcio italiano è la figura del sindaco, cioè della politca italiana: è quella che sta uccidendo il calcio. 

 

(Claudio Franceschini)