Ancora, sempre Lionel Messi. Ieri, oggi e domani il calcio è Lionel Messi. Il numero dieci del Barcellona ha vinto per la quarta volta consecutiva il Pallone d’Oro, il più alto riconoscimento individuale per un calciatore, il premio istituito dalla rivista francese France Football. Questo giro Messi ha ottenuto il 40% dei voti, precedendo il portoghese ed eterno antagonista Cristiano Ronaldo e il compagno di squadra Andres Iniesta. Per Messi è record di tutti i tempi: l’argentino infatti ha scritto uno storico poker di palloni d’oro, superando gli olandesi Johann Cruijff e Marco Van Basten che si sono “fermati” a tre vincite. Nella serata di Zurigo sono stati premiati anche l’allenatore dell’anno e la miglior calciatrice donna (clicca qui per saperne di più). Indubbiamente Messi ha costruito il suo quarto successo consecutivo sulle impressionanti statistiche individuali del 2012, che lo hanno visto mettere a segno 91 gol in 365 giorni, record ufficiale ogni epoca. La stagione 2011-2012 non è stata particolarmente ricca a livello di squadra, ed anzi in questo senso ci si poteva aspettare maggiori possibilità di vittoria per Cristiano Ronaldo, che ha guidato il Real Madrid alla reconquista della Liga, trofeo mediaticamente più importante della Coppa del Re, che invece ha vinto Messi. Ma non c’è niente da fare: nessuno è più forte della Pulce, e questo è il grande paradosso del calcio contemporaneo. Il più forte calciatore del mondo è un uomo minuto, semplice nei suoi modi di fare e inevitabilmente argentino, nel solco del dio pallonaro Diego Armando Maradona (che non potè mai vincerlo perché ai suoi tempi io trofeo era riservato solo ai calciatori europei, una frontiera abbattuta solo nel 1995 quando poi vinse il liberiano George Weah). È incredibile ricevere questo premio per la quarta volta consecutiva. È impressionante. “Vorrei dividere questo premio con i miei compagni del Barcellona e soprattutto con Iniesta: sono orgoglioso di giocare ed allenarmi ogni giorno con lui. E poi, con i miei compagni della nazionale argentina e tutti quelli che mi hanno votato. Non so cosa dire, sono molto orgoglioso. Ringrazio la mia famiglia, gli amici, mia moglie e mio figlio, la cosa più bella che mi sia successa”: con queste parole quasi banali Messi ha commentato la vincita del quarto pallone d’oro consecutivo, che peraltro rischia seriamente di non restare l’ultimo. Oggi Messi ha venticinque anni, e teoricamente deve ancora vivere il tratto migliore della sua parabola, quello in cui a detta di molti un calciatore raggiunge la massima maturità agonistica e tecnica (dai venticinque ai trent’anni). Nessuno può porre limiti a Leo Messi, che ha recentemente allungato il suo contratto con il Barcellona fino al 2018 candidandosi ad un’intera carriera nella squadra che lo ha “adottato” e cresciuto. Per Cristiano Ronaldo invece si tratta del terzo secondo posto nella classifica del Pallone d’Oro, dopo quelli ottenuti l’anno scorso e nel 2009. Siamo sicuri che il portoghese non si perderà d’animo, e ci regalerà un altro anno di appassionante duello a distanza col collega blaugrana, una vera e propria sfida nella sfida che sta colorando indelebilmente l’infuocata rivalità tra Barcellona e Real Madrid. Se ne farà una ragione Andres Iniesta: oggigiorno tra quei due là davanti e gli altri c’è un solco pressoché impossibile da colmare. A Zurigo è stato inoltre assegnato il premio intitolato a Ferenk Puskas, grande attaccante ungherese del passato, assegnato al miglior gol dell’anno solare. Lo ha vinto Miroslav Stoch, ala sinistra ventitreenne del Fenerbahçe di nazionalità slovacca, che ha preceduto Radamel Falcao dell’Atletico Madrid e Neymar del Santos.
Infine una menzione per Josep Guardiola, l’allenatore che più di tutti ha contribuito alla realizzazione di Leo Messi negli ultimi anni (senza comunque dimenticare Franklin Rijkaard, che lo lanciò in prima squadra quando era un giovane predestinato). L’ex mister del Barcellona ha annunciato che l’anno prossimo tornerà ad allenare. “Tornerò ad allenare – ha spiegato Guardiola – perché sono giovane, ho 41 anni. Le decisioni si prendono perché uno pensa siano le migliori. Il Bayern? Ha un grande allenatore, Jupp Heynckes, e sarebbe una mancanza di rispetto parlare di questa cosa o di qualsiasi squadra che abbia un tecnico. Il Brasile? Ho sempre pensato che le nazionali debbano essere guidate da persone di quel paese, che hanno un sentimento speciale. I verdeoro, tra l’altro, hanno ottimi allenatori. Scolari ne è un esempio. Però è un onore che i brasiliani pensino che io possa essere il loro c.t. “.