Si è concluso il Master WTA di Istanbul: ancora una volta, Serena Williams si porta a casa il trofeo di fine anno (quarta volta in carriera) legittimando così un 2013 che chiuderà al primo posto del ranking mondiale, per la terza volta nella storia e a quattro anni dall’ultima. Non è stata una vittoria semplice per lei: in finale, Na Li le ha fatto vedere i sorci verdi e per un attimo abbiamo tutti pensato che ci sarebbe stato il ribaltone. Cosa non avvenuta, e allora celebriamo questo successo attraverso le pagelle dei Championships, con i voti alle otto protagoniste di Istanbul.
Intendiamoci: ci aspettavamo qualcosina di più. Si sfidavano le migliori giocatrici al mondo, ma il livello non è stato all’altezza. Partite corte, senza sussulti, spesso vinte più per errori avversari che per reali meriti. Certo che questo torneo si giochi alla fine dell’anno non aiuta in termini di freschezza e forma fisica, ma questo è e così va preso. Dopo di che, fatta la premessa, va pure detto che avere un tabellone con tenniste simili e una formula che, piaccia o no, è comunque qualcosa di diverso dal resto dell’anno, è sempre piacevole.
Per lei parlano i numeri. Undicesimo trionfo nel 2013 (e tutti di un certo peso, escludendo forse solo Bastad), quarto Master in carriera e titolo numero 57 dal primo, storico, di Miami 1999. Allora Serena non aveva ancora 18 anni; oggi, che ne ha 32 compiuti, vince anche più di prima. Agli Australian Open di gennaio, dopo aver perso da Sloane Stephens anche a causa di un mal di schiena, le chiesero se non avesse pensato di gettare la spugna e lasciare strada alla giovane collega. Lei, capendo male, fulminò il giornalista: “Ritirarmi? Sei matto? Non ci penso proprio”. Ecco: siccome le cose stanno così, le avversarie dovranno pazientare ancora un po’ per prendersi (o riprendersi) lo scettro. Nel 2014 ha due grandi obiettivi: raggiungere Chris Evert e Martina Navratilova come numero di Slam vinti, e raggiungere la cifra tonda a quota 20. Per il primo traguardo manca un titolo: cosa fatta. Con il secondo scavalcherebbe anche Helen Wills Moody e si porterebbe al terzo posto assoluto, avendo davanti solo Steffi Graf e la divina Margaret Smith Court. Dite che ce la farà? Puntiamo l’euro sulla risposta affermativa: magari in un paio d’anni, ma ci arriverà.
Quello che le è mancato a Istanbul è stato semplicemente non essere Serena Williams; o meglio, ha avuto la sfortuna che in finale ci fosse l’americana. Qualunque altra giocatrice l’avrebbe spazzata via: si è presentata ai Championships in uno stato di forma pazzesco, nel round robin ha dominato con una solidità devastante, ha lasciato tre game alla Azarenka e poi ha triturato la Kvitova in semifinale. Il terzo posto nel ranking WTA, suo massimo in carriera (aveva toccato il quarto dopo aver vinto il Roland Garros due anni fa) è il giusto premio a una giocatrice che ha scollinato i 30 anni e sembra aver trovato, con l’età, quella maturità mentale che le era sempre mancata. Il suo tennis non è mai stato in discussione; casomai, era deficitaria sul piano della concentrazione e dei nervi, certe sue occhiatacce all’angolo dove siede il marito sono leggendarie. Eliminati questi difetti, è pronta per un grande 2014; intanto, chiude questa stagione con il titolo di Shenzen, la finale agli Australian Open (e Stoccarda) e la consapevolezza di poter dire la sua a grandi livelli.
Tornata nella Top Ten dopo tre anni, la serba che è stata anche numero 1 al mondo ha dimostrato che nei tornei che contano è sempre presente. Si è qualificata in semifinale con una sola vittoria, grazie al set strappato a Na Li: unica giocatrice a riuscirci, Serena Williams a parte. Sembrava vittima sacrificale contro l’americana, e invece l’ha portata al set decisivo e quasi quasi riusciva a vincere la partita. Vale lo stesso discorso fatto per Na Li: contro qualunque altra giocatrice avrebbe probabilmente portato a casa la finale. Se continuerà su questa strada giocherà altri Master, ne siamo certi; intanto, è tornata a essere ampiamente la prima serba in classifica.
Sono in tanti a dire, e lo sostiene anche chi scrive, che come talento la ceca valga almeno le prime quattro della classe. Intanto, Serena a parte è quella che serve meglio, cosa che nel tennis femminile di oggi non è affatto scontata. La sua difficoltà nel mantenere forma fisica e concentrazione nervosa l’avevano tenuta lontana dalle vittorie e dalle migliori. Il suo 2013 è stato di riscatto: il titolo conquistato a Tokyo sulla strada per Istanbul le ha dato fiducia: ha raggiunto di slancio la semifinale vincendo lo spareggio contro la Kerber, poi si è prevedibilmente inchinata a Serena. Chiude con due titoli in stagione e la sfida rinnovata alle grandi del WTA: obiettivo, rimettere le mani su uno Slam dopo Wimbledon 2011.
Arrivata in Turchia con polemiche per una wild card ottenuta a Linz che le ha poi dato titolo e punti per la qualificazione (ma li avrebbe probabilmente presi a Mosca, bypassando il problema), la tedesca in crisi di identità dopo un meraviglioso 2012 si è ritrovata giusto in tempo per essere ai Championships per la seconda volta consecutiva. La vittoria netta contro la Radwanska le ha regalato uno spareggio contro la Kvitova per la semifinale: vinto il primo set ha ceduto, ma ha dato a tutti l’impressione di poter tornare quella giocatrice che arriva in fondo negli Slam e può battere chiunque. Certo deve migliorare certi aspetti del suo gioco e la concentrazione nei momenti topici, ma intanto chiuderà l’anno in Top Ten, ancora una volta: mica male per la Germania, che dai tempi di Steffi Graf aspetta un’altra campionessa.
D’accordo il problema il polpaccio e che, a differenza delle altre, giocava anche il doppio; tuttavia, la sconfitta rimediata contro la Azarenka, alla fine decisiva per l’eliminazione, nasce da un blackout che ha permesso alla bielorussa di vincere il set partendo da 2-5. Visto come Vika è finita nei giorni successivi, ci si mangia le mani ancora di più. Resta la solita impressione: chiudere in Top Ten ancora una volta è un grande traguardo, così come i traguardi raggiunti fin qui (semifinale al Roland Garros e a Indian Wells). Tuttavia, contro le prime della classe la bolognese non riesce mai a emergere fino alla vittoria (lo dicono i record: 6 vittorie e 34 sconfitte in carriera contro le altre sette presenti ai Championships). Ci lavorerà nel 2014: ora la finale di Fed Cup, per riscattarsi dall’altra beffa turca, ovvero l’eliminazione in semifinale nel doppio. Che sta diventando una maledizione: l’ultimo torneo vinto è stato a febbraio.
L’unica giustificazione che le si può trovare è la stanchezza: dagli Us Open la polacca non si è praticamente mai fermata, giocando a Seul (vittoria), Tokyo (fuori ai quarti) e Pechino (eliminata in semifinale). Anche così, però, non si pensava proprio che sarebbe tornata a casa con tre sconfitte sul groppone, nessun set vinto e un crollo verticale contro Kvitova e Kerber, entrambe ampiamente alla sua portata. D’accordo che la ceca è praticamente una bestia nera (record 1-5), ma che Aga potesse centrare anche la finale, con la Sharapova fuori dai giochi, era pensiero comune e dominante. Non è stato così, e adesso è pure stata scavalcata da Na Li in classifica, chiudendo il 2013 al quinto posto del ranking. Vale per lei lo stesso discorso fatto per altre: le manca un centesimo per fare l’euro, che in questo caso significa porsi al ilvello delle prime tre e riuscire a scalzarle. Dopo la finale di Wimbledon, un anno e mezzo fa, non ci è più riuscita.
La forma fisica non l’ha di certo aiutata: prima di arrivare a Istanbul, dagli Us Open con la finale raggiunta e persa al terzo set ha giocato pochissimo (fuori al secondo turno a Tokyo, al secondo a Pechino). Seconda parte di 2013 difficile, sfociata in un Master nel quale è parsa l’ombra di se stessa: nella prima partita ha concesso cinque volte la battuta a Sara Errani, poi non è mai stata in campo contro Jankovic e Li, venendo eliminata giustamente. Preserva il secondo posto nel ranking, solo che adesso Serena Williams è lontana più di cinquemila punti, e andare a riprenderla non sarà impresa facile. Il flop turco non cancella comunque quanto fatto: la vittoria agli Australian Open, poi a Doha e Cincinnati battendo in entrambi i casi Serena in finale, gli Us Open ancora una volta sfuggiti all’ultimo respiro. Resta l’unica in grado di vincere regolarmente contro la numero 1 al mondo, ma se non migliora il servizio saranno dolori.
(Claudio Franceschini)