La nazionale italiana ha in programma una sola partita amichevole prima dei prossimi mondiali: quella del 5 marzo prossimo contro i campionissimi della Spagna. Altri test saranno organizzati a ridosso della spedizione carioca, ma per il momento Prandelli ragionerà con quanto si è visto in campo dalla Confederations Cup ad oggi. A sette mesi e spiccioli dalla rassegna brasiliana bisogna però ricordare un fattore, quello tradizionalmente più “azzurro” di tutti. L’Italia tende a recuperare le migliori motivazioni, e a tradurle sul campo in un gioco vincente, quando conta. Gli ultimi europei lo hanno dimostrato: il gruppo prandelliano fece delle critiche e dei pronostici avversi la sua forza nel momento del bisogno, cedendo solo alla Spagna nella finalissima. Eppure in pochi lo avrebbero pronosticato, quando pochi giorni prima dell’inizio la Russia ci bastonò in amichevole (3-0). Per questo non bisogna fidarsi della nazionale italiana, sia nel bene che nel male: spesso quando il gioco si fa duro i nostri iniziano a fare sul serio, quasi senza preavviso. Anche le indicazioni delle ultime amichevoli sono da prendere con le pinze: troppo spesso il mondiale fa storia a sè. Per forza di cose: anche in Brasile clima, condizione fisica e mentalità saranno diverse, ed emergerà la vera pasta della nazionale. D’altra parte se pensiamo alla rosa dei fantastici 23 si può ipotizzare lo zoccolo duro: Buffon, Abate, Barzagli, Bonucci, Chiellini, De Rossi, Candreva, Pirlo, Verratti, Marchisio, Montolivo, Balotelli e Giuseppe Rossi hanno il posto assicurato se lo vorranno. Attorno a loro ballano i probabili: Marchetti, Sirigu, De Sciglio, Diamanti, Giaccherini, Florenzi, Osvaldo e Cerci sono a metà dell’opera, non dovranno smarrirsi durante la stagione. Attenzione a Criscito: recuperato al suo meglio potrebbe soffiare il posto a Balzaretti o ad Ogbonna, se si considera la sua adattabilità a difensore centrale. Chi dovrà spremersi per convincere il c.t. sono lo stesso Ogbonna più i vari Ranocchia, Pasqual, Aquilani, Parolo, Poli, Giovinco, Gilardino ed Insigne. Due le incognite, una più del popolo che di Prandelli e l’altra di tutti. La prima è Thiago Motta, che il mister considera importante per la sua impronta di gioco, votata al palleggio a centrocampo per gestire l’inerzia della partita. Qualcuno storce il naso: in una coppa da dentro o fuori, in cui ogni attimo perso può essere fatale, è forse meglio puntare su gente più veloce di gamba. L’altro enigma è il Faraone: se ritroverà minutaggio nel Milan avrà una chance, altrimenti potrebbe perdere il treno. In questo caso sarà importante la valutazione di Prandelli, cui spetta la decisione tecnica su un fresco maggiorenne passato in pochi mesi da salvatore della patria ad incognita. Con o senza El Shaarawy l’Italia avrà il dovere di superare il primo girone, senza se e senza ma. Poi come si suol dire può succedere di tutto, come vincere la coppa o perdere con la Corea. A sette mesi e spiccioli da Brasile 2014 l’avvertenza è una sola: non fidiamoci degli azzurri.



(Carlo Necchi)

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