Oggi ha avuto luogo la cerimonia della consegna dell’ottava edizione del Premio Facchetti “Il bello del calcio”, intitolato alla memoria del grande difensore e poi presidente nerazzurro Giacinto, organizzato dalla Gazzetta dello Sport. Quest’anno è stato premiato Eric Abidal, il difensore francese a lungo fermo per un tumore, che lo ha costretto ad un doppio stop ma che poi ha saputo sconfiggere grazie a un trapianto di fegato. Ora, a 34 anni, è tornato a giocare ed è capitano nel Monaco di Ranieri, oltre a far parte della Nazionale con Deschamps. Gianfelice Facchetti ha spiegato le motivazioni dell’attribuzione del premio all’ex difensore del Barcellona: “Negli ultimi tre anni gli si è ribaltata la vita. Prima l’operazione, poi il rientro e la vittoria della Champions League nel 2011 col Barcellona, quindi la ricaduta, con l’inevitabile trapianto di fegato. Ma Abidal ha sempre cercato energie pensando positivo, e così 402 giorni dopo il trapianto eccolo di nuovo, esempio di forza e fiducia per tutti sul’asse lavorare-pregare-tornare”. L’occasione ha radunato a Milano personalità illustri del nostro calcio, compresi Andrea Agnelli, Urbano Cairo e Claudio Lotito, e pure il presidente del Coni Giovanni Malagò, che ha fatto parte della giuria che ha assegnato il premio, con il figlio di Facchetti e Andrea Monti, direttore della Gazzetta. Abidal ha parlato così al momento della premiazione: “Il calcio è una famiglia, è una passione. Ma nella vita come nello sport non devi mai essere da solo. Nella vita, nello sport come nella malattia. Lo sport mi ha aiutato a guarire, e io ora godo nel condividere il piacere della mia guarigione e del ritorno al calcio. Quando si è malati si ha bisogno di un aiuto esterno, non solo della famiglia. Ho ricevuto lettere da persone di tutto il mondo. Da persone sconosciute. Lo sport è stato fondamentale. Mi plasmato mi hai aiutato a vincere e superare le difficoltà. Il calcio mi ha aiutato tanto. Per me adesso è più bello giocare. Sia col Monaco che con la Francia. È più bello condividere una vittoria adesso. Ranieri? Sono stato fortunato a ad incontrarlo e da lui ho ancora da imparare. Ci dice che per raggiungere gli obiettivi bisogna fare sacrifici. Giusto così. Uno dei più grandi valori del calcio è dare alla squadra. Questo è il bello del calcio. ‘Io non ho paura’ significa tante cose. Significa superare gli ostacoli della vita con coraggio e forza. Bisogna sempre lottare. Non si deve avere paura di fallire. Non avere paura significa anche chiedere aiuto”.