Michael Schumacher è morto? No, ma a scorrere alcune pagine di siti web, Twitter, facebook e, non ultima, l’autorevolissima Wikipedia parrebbe proprio di sì. E qualche ignaro fans di Schumi potrebbe anche essere cascato in questo macabro gioco della morte. Il fatto: senza citare le fonti (non meritano menzione), alcuni siti hanno già pubblicato il “coccodrillo” dal titolo “ Michael Schumacher è morto”, adducendo come scusa un attacco hacker. Scorrendo il testo pubblicato si capisce chiaramente che si tratta “solo” di un grave errore redazionale. Un errore che ha scatenato lo sdegno e l’ira di siti concorrenti, pronti a evidenziare il fattaccio e a fare lezioni di morale giornalistica. Ma visto che in questo caso di errore si tratta, avrebbero fatto meglio i colleghi giornalisti ad ammettere la leggerezza. Un brutto colpo, dal punto di vista della credibilità professionale, ma che può capitare.
Capitolo a parte in questa triste sagra mediatica su “Schumacher è morto” va dedicato a Wikipedia, la famosa enciclopedia online che si sostituisce a Dio nel decidere che Michael Schumacher sia vivo o morto. Michael Schumacher (Hermülheim, 3 gennaio 1969 – Grenoble, 30 dicembre 2014), così c’era scritto nella pagina personale dell’ex ferrarista. Oppure quei tanti (troppi) gruppi Facebook spuntati come funghi dal nulla intitolati “Schumacher è morto” o “RIP Michael Schumacher” che in pochi minuti contano già decine di migliaia di iscritti, senza alcun riguardo per una persona che nel frattempo si trova in ospedale, in coma, e che sta lottando insieme ai propri famigliari per vincere la gara più importante. Su Twitter, invece, scoppia l’indignazione e la denuncia degli utenti che protestano contro questo sciacallaggio su “Schumacher è morto”. Ma perché questa protesta passa solo da Twitter e non attraverso gli altri social o sui siti? Forse perché Twitter non porta “traffico” e quindi soldi?
Tutto questo ci fa pensare al perché ogni giorno proviamo a fare i giornalisti. Quel tentativo ironico di raccontare i fatti, di provare a capirli e di approfondirli, dando l’occasione a chi ci legge di costruirsi un’opinione. Mi viene da chiedermi: ma che mostri riusciamo ad essere! Non voglio unirmi al coro dei moralisti che possono essere peggio degli sciacalli. Sono della stessa specie, entrambi amorali. Dico piuttosto che questo fatto mi mette in discussione e mi costringe a rimettermi davanti al fatto: al dolore di un uomo, certo famoso, ma pur sempre un uomo come me, alla sua lotta contro la morte e al dramma dei suoi famigliari. A quanto siamo fragili di fronte al Destino, a quanto siamo mendicanti di perdono. Ho pensato per un istante se al posto di Schumacher ci fossi io, ho pensato al tribunale di Dio e al dolore dei miei figli, dei miei cari e degli amici. E mi è venuto da fare il tifo per Schumacher (io che ferrarista non sono) perché ancora non è morto. E’ grave, ma è ancora vivo e si gioca la gara più importante. Che noi continueremo a raccontare fino all’ultimo giro, nella speranza che al traguardo ci siano le bandiere rosse della Ferrari pronte ad accoglierlo in festa e uno striscione con scritto: “Michael Schumacher non è morto!”. Così voglio continuare a raccontare una storia umana (famosa) della battaglia tra la vita e la morte. Alla faccia degli sciacalli e dei loro detrattori.
(Luca Raimondi)