Il sigillo sul Giro del suo dominatore. Vincenzo Nibali voleva fortemente almeno una vittoria di tappa per certificare un trionfo che – salvo clamorosi colpi di scena – è ormai garantito. Non poteva esserci dunque occasione migliore della cronoscalata Mori-Polsa per esultare e ipotecare con qualche giorno d’anticipo la maglia rosa finale della 96esima edizione del Giro d’Italia. Ma il capitano della Astana resta un ragazzo semplice, e al traguardo teme di avere tolto la gioia all’ex compagno di squadra Damiano Caruso, in realtà terzo dietro a Samuel Sanchez: “Pensavo di avere battuto Caruso e mi sarebbe dispiaciuto”. La felicità è nel mostrare con orgoglio nel viaggio in elicottero post-tappa con l’inviato della Gazzetta dello Sport la foto del nonno – che si chiama Vincenzo Nibali – con indosso una maglia rosa: “Vi faccio vedere una cosa bellissima: Vincenzo Nibali in maglia rosa”. Poi spazio all’analisi: “Sul traguardo il pugno è stato un gesto di liberazione, ero veramente determinato a fare bene. Già dalla ricognizione del mattino ho sentito che le gambe giravano bene e che sarebbe stata una giornata super. Ho sempre spinto al massimo perché volevo la tappa, non sono mai sceso sotto i 370 watt con punte di 430. Con la pioggia ho solo pensato a non prendere rischi nelle curve e nei tratti in discesa”. Il Giro è finito? “”Non ancora, ma il vantaggio che ho è rassicurante, ora posso controllare gli avversari e le eventuali avversità con più tranquillità. Ho fatto tanti sacrifici per arrivare quassù, forse più degli altri anni. In allenamento e a tavola. Nessuna dieta specifica: mangio di tutto ma con moderazione, a casa, scegliendo le materie prime e con cotture corrette. In allenamento preferisco la compagnia, le tabelle le seguo a modo mio ma non aggiungo mai niente”. Questo è quello che c’è dietro, compreso il passaggio dalla Liquigas alla Astana: “Qui mi pagano molto bene e volevo dimostrare che la loro fiducia è ben riposta. Non mi mancava nulla neanche prima, avevo già tutte le attenzioni ma qui sono libero. Non sono mai andato alle corse con stress e i risultati si vedono”. Allontana però la tentazione Tour: “Sto correndo per vincere da gennaio, non è possibile. E poi tengo moltissimo al Mondiale di Firenze”. Di certo ha riportato l’entusiasmo attorno al ciclismo: “Per il nostro sport è un momento importante: in questo Giro ci sono tante vittorie italiane e tantissima gente lungo la strada. Il ciclismo è vivo e noi siamo i migliori. Siamo partiti da Napoli che sembravamo morti, invece siamo sulla strada giusta”. Grazie soprattutto a uno Squalo.



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