Dopo 23 giorni, 20 tappe (più una annullata) e 3342,5 chilometri percorsi dai 168 corridori che hanno completato il Giro d’Italia, ieri la Corsa Rosa si è chiusa a Brescia con un arrivo tra l’entusiasmo popolare. Sembra essere tornato l’amore per il ciclismo, e gran parte del merito è naturalmente di Vincenzo Nibali. Non solo lui, però: è stato un bel Giro, ecco le nostre pagelle con i voti a tutti i protagonisti.
Dominatore assoluto. Splendido in salita, micidiale in discesa, nettamente migliorato anche a cronometro, lo Squalo ha ampiamente meritato il successo in questo Giro. Una vittoria resa ancora più bella per come è arrivata: la cronoscalata e ancora di più gli attacchi sotto la tormenta di neve verso le Tre Cime di Lavaredo entreranno nella storia dello sport. Perfetto lui e perfetta tutta la sua squadra, l’Astana (voto 10), con una citazione principale per il gregario più prezioso, l’estone Tanel Kangert (voto 8) e per il talento Fabio Aru (voto 8), che tutti ora si augurano possa essere l’erede di Nibali. Ma non sarà un’esigenza a breve termine: Vincenzo ha ancora tanti anni davanti, è salito sul podio in tutti i grandi Giri e unisce al successo alla Vuelta 2010 quello nella corsa italiana. Forse solo Contador gli è superiore attualmente.
L’altro eroe della corsa è lo sprinter britannico. Anche lui ha vinto il suo Giro: cinque volate e cinque vittorie. Nettamente il più forte velocista in circolazione. Ma non solo: si conquista il massimo dei voti anche per la determinazione con cui è arrivato fino a Brescia, e la maglia rossa della classifica a punti (completando così il tris con Tour e Vuelta) è il meritato premio per questo suo amore per la Corsa Rosa.
Il terzo eroe del Giro, un campione ritrovato per la gioia del ciclismo italiano. La fuga verso il Galibier è già entrata nel mito ed ha avuto il potere di farlo uscire da mesi difficili, tanto che tre giorni dopo a Vicenza ha vinto con una azione tecnicamente ancora più rilevante. Se questo sarà ricordato come il Giro dei siciliani, tanta parte del merito è sua. Ottima anche la sua squadra, la Movistar (voto 9), che ha vinto ben quattro tappe con lui, Intxausti e Dowsett (voto 7), rivelatosi grande cronoman con il successo a Saltara.
Difficile chiedere di più al colombiano: doveva essere il luogotenente di Wiggins, cammin facendo si è ritrovato capitano del Team Sky e ha risposto vincendo con uno splendido assolo il duro arrivo in salita sul Montasio e conquistando il secondo posto finale. Per la Colombia è il primo podio al Giro, per lui è un altro gradino dopo i già ottimi risultati del 2012, quando fu settimo e maglia bianca. Certo, non è al livello di Nibali: ma questo da Uran non poteva pretenderlo nessuno.
La rivelazione del Giro. Sempre all’attacco, protagonista di tutte le tappe che non fossero per velocisti, premiato con un inatteso quinto posto finale e con la meritatissima maglia bianca di miglior giovane. Insieme ad Uran ha esaltato una Colombia che in questo Giro ha raccolto tantissime soddisfazioni. Un solo appunto: non ha mai finalizzato i suoi attacchi con un successo di tappa. E’l’eterno secondo di questo Giro.
Altro talento che ci ha esaltato. La giovane promessa della Bardiani-Csf è sbocciata con l’autorevole successo nel difficilissimo arrivo di Serra San Bruno, e si è confermato poi con il secondo posto a Pescara, in una frazione ancora più difficile. Sfortunatissimo per la caduta che l’ha costretto al ritiro, ma che non toglie niente al suo grande Giro.
Il campione australiano ha onorato nel modo migliore un Giro che non avrebbe nemmeno dovuto correre. Sempre protagonista (gettandosi pure nelle volate delle tappe miste), tenace come sua caratteristica, a lungo primo rivale di Nibali, ottenendo così il podio che gli mancava dopo il terzo posto alla Vuelta 2009 e il successo al Tour 2011. Paga però una terza settimana in calando, probabilmente a causa di una preparazione che appunto non era incentrata sul Giro, e se gli ultimi tapponi fossero stati completi forse avrebbe rischiato di perdere il podio.
L’azione nella tappa di Marina di Ascea è stata splendida. Una vittoria pienamente meritata per un grande veterano che – incredibilmente – a 36 anni ha fatto il suo debutto al Giro d’Italia. I quattro giorni in maglia rosa successivi a quella vittoria sono un meritatissimo premio alla carriera, che non è ancora affatto finita per lui.
L’altro giovane protagonista di questo Giro: la Saxo-Tinkoff senza Contador sembrava destinata ad essere una comparsa, invece ha rivelato il talento di questo giovane polacco, settimo in classifica generale e secondo fra i giovani. Il suo duello per la maglia bianca con Betancur è stato fra i più belli del Giro. Farà molta strada nella sua carriera.
Una tappa vinta con lo splendido attacco di Ivrea, un giorno in maglia rosa a Pescara e l’ottavo posto nella classifica finale. Giro da incorniciare per lo spagnolo, tra i nomi nuovi di questo Giro: ora la sua carriera entra in un’altra dimensione. Belle anche le sue dediche allo sfortunatissimo Xavier Tondo.
Splendido protagonista delle prime due settimane, coronate dal grande successo di Bardonecchia e dal quarto posto a 1” dal podio fino al Galibier. Anche grazie a lui questo Giro è stato splendido per i colori italiani. Peccato solo per il netto calo nella terza settimana, ma ci può stare considerando che è protagonista fin da gennaio e che non era certo partito per vincere il Giro.
Giudizio cumulativo per questi tre atleti, all’attacco in molte tappe. Protagonisti e anche vincenti: splendidi i successi rispettivamente a Pescara per l’australiano, a Firenze per il russo e al Vajont per il lituano. Anche grazie a loro ogni tappa è stata emozionante.
Obiettivo centrato: ha vinto la maglia azzurra dei Gpm con la bellezza di 37 punti di vantaggio sui primi inseguitori (Visconti e Nibali, mica due qualunque…). Ogni volta che la strada saliva lo potevi vedere all’attacco, con generosità incredibile. Resta solo un dubbio: avendo dimostrato ottima forma, se almeno una volta si fosse tenuto per il finale forse avrebbe vinto una tappa.
Ancora una volta fra i migliori, ma non è riuscito a lasciare il segno: niente podio né successi di tappa. Al marchigiano è mancato l’acuto, in montagna è stato sempre staccato da Nibali e dai colombiani. In proporzione in casa Lampre ha fatto meglio Przemyslaw Niemiec (voto 8), sesto e uno dei due polacchi fra i primi sette. Resta però il dubbio che si potesse fare qualcosa in più, magari appunto lanciando Niemiec in qualche fuga per mettere in difficoltà l’Astana. Invece niente: aurea mediocrità.
Il primo dei terrestri in volata. Bravo il veronese della Cannondale, che ha fatto tutto quello che ha potuto contro il mostro di nome Mark Cavendish. Due secondi e un terzo posto sono un ottimo bottino, e ci sono da segnalare anche i buoni risultati di Sacha Modolo e Giacomo Nizzolo (voto 6,5). Tutti e tre sono più giovani di ‘Cav’, nei prossimi anni potremo toglierci soddisfazioni anche in volata.
Come ritirarsi con onore. Il canadese campione uscente ha onorato al massimo la corsa finché è stato bene, attaccando anche sulle piccole salitine delle prime tappe ed arrivando fino a Pescara con soli 3” di ritardo da Nibali. Poi è stato male, ma ha comunque provato a resistere per una settimana prima di doversi arrendere. Onore delle armi.
Non basta il secondo posto nella cronoscalata per salvarlo. Doveva essere uno dei grandi nomi della corsa e non ha chiuso nemmeno fra i primi 10, mai protagonista nelle tappe di montagna.
Teorico grande rivale di Cavendish in volata, non ha lasciato tracce. Ci si attendeva di più dal vincitore di una Sanremo e di tappe nei precedenti Giri.
Bocciatura completa per il vincitore del Tour 2012. D’accordo, qualche attenuante gli va riconosciuta, ma un inglese che va in tilt appena si mette a piovere è imbarazzante. In discesa sembrava un cicloamatore, a cronometro non ha fatto la differenza, in salita ha sofferto. Fiato alle trombe di chi sostiene che possa vincere solo una corsa decisa a tavolino, come di fatto fu il Tour cucito a sua immagine l’anno scorso. Peccato perché ama il Giro e non avrebbe meritato questa figuraccia. Ora deve tornare per redimersi.
Non tanto per la positività in sé, ma per la sua storia. Hai 37 anni, nella tua carriera sei già stato coinvolto in tre casi di doping, hai voluto rientrare apposta per questo Giro e al primo controllo (ancora prima del via, anche se l’esito è arrivato quasi alla fine) ti fai beccare. Ora la sua credibilità è definitivamente distrutta, e quel che è peggio rischia di danneggiare anche quella di un ciclismo che invece negli ultimi anni ha fatto passi da gigante. Inconcepibile.
Ultimi ma non ultimi… Il disegno della corsa è stato molto più bello di quello dell’anno scorso, con emozioni ogni giorno. Contro il mese di maggio forse più pazzo climaticamente che si sia mai visto in Italia c’era poco da fare, ma l’hanno fatto per intero. Eccellente il modo in cui hanno difeso gli arrivi sul Galibier e le Tre Cime, sarebbe stato ottimo anche il percorso alternativo per la tappa di venerdì, prima che la neve decidesse che quel giorno si doveva stare in albergo (decisione inevitabile e assolutamente corretta).
(Mauro Mantegazza)