Le presentazioni di José Mourinho non sono mai banali. Quella che inaugura la sua seconda esperienza al Chelsea verrà ricordata per l’auto-definizione del tecnico portoghese come Happy One. Nel 2004 era arrivato nel club londinese chiamandosi Special One per avere appena vinto la Champions League con il Porto, questa volta mette l’accento sulla sua felicità per essere tornato “in una delle due grandi passioni della mia carriera, che sono state il Chelsea e l’Inter”. Dunque Happy One. Mourinho indossa una giacca grigia, una camicia azzurra, la cravatta e si fa fotografare con una maglia del Chelsea in mano. Le sue prime parole: “Io sono l’Happy One. Sono molto felice di essere di nuovo qui. Sembrano passati solo due giorni da quando ero qui, alla prima presentazione, e invece sono trascorsi nove anni. Sono la stessa persona, con le stesse emozioni, la stessa passione, ma in questo decennio ho vissuto anche esperienze importanti. Sono la stessa persona, ma le prospettive sono diverse. So che da me si aspettano molte cose e io posso garantire una grande voglia di lavorare e di vincere ancora. In tutti i posti dove ho lavorato, ho conquistato trofei. Il club è la cosa più importante in assoluto. In questi anni ho vissuto momenti importanti e quelli con l’Inter sono stati indimenticabili”. Qualcuno avanzava dubbi sul suo rapporto con il patron Roman Abramovich, ma Mou chiarisce, senza paura di nominare l’oligarca russo, cosa che al Chelsea è vietata: “Ho letto che avevamo litigato, che i rapporti non erano buoni. Quando nel 2007 ci separammo, fu una decisione dolorosa per entrambi, ma la prendemmo di comune accordo, senza mai troncare. Io e Abramovich abbiamo gli stessi obiettivi. Vogliamo vincere il più possibile. E io voglio restare qui a lungo. Sono tornato perché era il momento giusto per ricominciare quest’avventura. Io voglio essere rispettato per quanto ho fatto in passato, ma voglio rispetto anche per quello che riusciremo a fare da qui in avanti. Ai tifosi prometto le stesse cose che ho promesso nel 2004 e dico: sono uno di voi”. I ritorni nei posti in cui si sono ottenuti grandi risultati sono sempre pericolosi, ma Mourinho ha grande fiducia: “Ho deciso di tornare qui perché era la decisione migliore per me stesso e per la mia professione. Ho trascorso cinque anni in Italia e Spagna. Cinque anni sono un periodo molto importante nel calcio. Sono tornato perché volevo ricominciare a lavorare in un posto dove mi ero trovato molto bene. Questo è un club con ambizioni e obiettivi importanti, con giocatori di buon livello, ma sarà il lavoro a dire quale sarà il nostro valore. Ritrovo un Premier diversa e mi farà un certo effetto andare all’Old Trafford e non salutare Ferguson, ma Moyes è un ottimo allenatore. Pellegrini al Manchester City porterà tutta la sua esperienza. La Premier sarà aperta, con molte squadre competitive. Io voglio essere onesto, aperto e dare tutto quello che ci aspetta dal sottoscritto. Un obiettivo primario tra Premier e Champions League? Un club come il Chelsea deve essere competitivo su tutti i fronti. Il primo target è arrivare tra le prime quattro. La Champions con il Chelsea non può diventare un’ossessione. Stare di nuovo qui mi affascina perché, come i miei antenati portoghesi, ho lo spirito del viaggiatore. Per vivere in questo modo serve una famiglia speciale e io sono stato fortunato ad averla”.
Infine resta il capitolo Real Madrid, che riserva qualche spina, a partire dalle domande sull’esclusione di Iker Casillas: “Io ho fatto le scelte professionali che ritenevo giuste. Io voglio avere buoni rapporti con i giocatori, ma soprattutto con me stesso. Qui ritrovo alcuni giocatori della mia precedente esperienza al Chelsea. Sono calciatori ai quali sono legato, ma ci tengo a precisare che non ci saranno privilegi per nessuno. Qui c’è un gruppo che ha ottenuto in questi anni successi importanti. Noi vogliamo migliorare le loro qualità e rinforzare la squadra con alcuni inserimenti”. Ma si torna in Spagna quando arrivano le richieste di commentare le frasi di Andres Iniesta (“Mou è stato un danno per il calcio spagnolo”) e Xavi (“Il Real Madrid di Mourinho non sarà ricordato per il suo gioco”), e qui la risposta è pepata: “Ho danneggiato il calcio spagnolo interrompendo il dominio incontrastato del Barcellona? Con il Real abbiamo vinto il campionato nel 2012 con un record di 101 gol. Abbiamo vinto la Supercoppa contro il Barcellona. Il mio Real ha vinto a Barcellona. Questi sono stati i miei danni”. Happy, ma sempre Special.